La Giornata Mondiale dell’Ambiente nella Terra degli sprechi alimentari
Per comunicare in una singola immagine la sofferenza del nostro Pianeta, scatti da tutto il mondo potrebbero mostrarci angoli più o meno remoti in cui abbandono, miseria e degrado sono i soli protagonisti: come questa fotografia realizzata alla periferia di New Delhi pochi giorni fa, in vista dell'approssimarsi della Giornata mondiale per l'ambiente, proclamata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1972 e celebrata ogni anno il 5 giugno, promossa dall'agenzia ONU per l'ambiente. Oltre quarant'anni di storia per una festività che non ha mai perso il suo significato; anzi, con la crescita costante delle emissioni, la deforestazione sempre più aggressiva, i nuovi poveri e rifugiati vittime degli stravolgimenti climatici, la necessità di sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema non è mai diventata un fatto di secondo piano. Prova ne è quel mucchio di rifiuti, che potrebbe trovarsi in India come in qualunque altrove terrestre, sovrastato da uccelli, cani ed orsi, con le loro nuove abitudini alimentari, inevitabilmente modificate in seguito all'adattamento a quel triste scenario che l'uomo ha scelto di creare quando ha frainteso il concetto di “progresso”.
Possiamo sperare, in un futuro non troppo lontano, di ridurre queste immense quantità che giornalmente accumuliamo al solo scopo di aumentarne l'ingombrante ed inutile volume? Chiaramente sì, e di molto, se si pensa, ad esempio, a quanto cibo siamo in grado di gettare via. Secondo i dati della FAO, ogni anno vengono buttate senza rimpianto circa 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti, spesso in ottime condizioni, delle quali 222 milioni, cifra di poco inferiore all'intera produzione dell'Africa Sub-sahariana, provengono dai Paesi più ricchi. Il paradosso dello spreco, che tradotto in termini più concreti significa che "per ogni persona che soffre la fame due mangiano troppo", è il tema centrale a cui è dedicata la quarantunesima giornata mondiale per l'ambiente che, quest'anno, vedrà svolgersi la sua manifestazione principale in Mongolia al grido di Think, Eat, Save: Pensa, Mangia, Conserva (o salva!): un Save che potremmo lecitamente tradurre anche come Risparmia, se si pensa che nella nostra Italia in crisi economica finiscono nella spazzatura alimenti per un valore complessivo di 15 miliardi di euro.
Un invito a riflettere su ciò che mettiamo nel nostro piatto, e in che quantità, per contrastare uno spreco che annualmente porta nella pattumiera circa un terzo del cibo prodotto globalmente, una metà del quale va perduta per cause indirette legate alla scarsità di risorse o agli effetti del riscaldamento gloabale nei Paesi coltivatori in via di sviluppo. Proprio nei PVS, infatti, ogni anno si perdono circa 630 tonnellate di cibo, “poco” meno delle 670 degli Stati industrializzati: a fare la differenza, però, è lo spreco pro-capite che tra Europa e Nord America sfiora i 100 chili annui a persona, contro i 10 di Africa Sub-sahariana e Sud-Est asiatico. Per non contare le emissioni, la preziosissima acqua e tutte le risorse alimentari consumate a vuoto.
Insomma, per il 2013 la Giornata Mondiale per l'Ambiente ha scelto un tema che ci tocca straordinariamente da vicino: forse per ricordarci, caso mai lo avessimo dimenticato, che è da noi stessi che dipende il futuro non soltanto del nostro piccolo orticello, ma di tutto il mondo. Un po' più lontane, allora, la biodiversità, le foreste, la Green Economy, i gas serra; più alla nostra portata, invece, diventa la possibilità di incidere attivamente sull'ambiente a noi circostante, ricordandoci di “pensare” prima di “mangiare”, in modo da preservare e "salvare" il più possibile. Ricordando, inoltre, che nel nostro futuro sempre più popoloso sarà difficile continuare a mantenere un ritmo che vede la Terra che va verso la bancarotta e che non tutti, comprensibilmente, si dichiarano pronti a quel cambiamento che potrebbe diventare inevitabile, nel giro di pochi decenni, quando gli alimenti potrebbero diventare insetti, alghe e carne in vitro.
Paradossalmente, e in modo amaramente ironico, la nostra epoca non è solo quella degli sprechi alimentari ma anche quella in cui le tecnologie consentono la migliore conservazione e trasportabilità dei cibi: ecco perché FAO e UNEP hanno raccolto in un ricchissimo elenco tutte le pratiche e le usanze che, tradizionalmente, i popoli dei quattro angoli del Pianeta utilizzavano per preservare il più a lungo possibile le proprie vivande. Metodi che conoscevano anche coloro i quali ci hanno preceduto sul suolo del nostro Paese, oggi tra i leader mondali dello spreco: forse dovremmo rifletterci davvero, prima di mangiare o di destinare alla discarica il frutto del lungo lavoro che giunge nei nostri piatti.