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La felicità? Non è nei soldi ma nella libertà

Il risultato di una ricerca di due psicologi che, se non ci dice niente di nuovo rispetto alla felicità e ai soldi, conferma vecchi stereotipi che non tramontano mai.
A cura di Nadia Vitali
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Ce lo aveva detto già l'Ocse, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, che a contribuire al benessere, di una nazione in quel caso, concorrono numerosi fattori non tutti legati strettamente al denaro come ad esempio la vita comunitaria, l'educazione, l'ambiente. Adesso a confermarlo arriva il risultato di una ricerca pubblicata dalla rivista della American Psychological Association che sostiene che il benessere economico sarebbe una variabile che influisce solo fino ad un certo punto sul conseguimento di un benessere globale. E dunque, se è innegabile che un certa soglia di tranquillità economica, costituisca un'ottima base sulla quale costruire il proprio saper vivere, di contro non si può sottovalutare come autonomia e libertà concorrano nel conseguimento del medesimo obiettivo.

I due autori principali dello studio, Ronald Fischer e Diane Boer, della Victoria University di Wellington, Nuova Zelanda, hanno cercato di mettere in luce quanto la possibilità di scelta, sia un fattore relativamente indipendente dal benessere economico: certamente una disponibilità aiuta nella possibilità di compiere delle scelte ma è pur vero che la felicità apportata dal denaro non cresce di pari passo con l'aumento delle proprie risorse finanziarie. In altre parole, raggiunto un livello economico che consenta di essere effettivamente autonomi e di soddisfare le proprie esigenze di base, l'incremento della propria ricchezza cessa di produrre una vera e propria gioia: tale incremento, infatti, aumenta, anche se di poco, la propria soddisfazione personale ma, accanto a questa, procede di pari passo la paura di perdere il proprio nuovo status sociale ed economico.

Lo studio si è concentrato su una accurata analisi di 63 paesi, 420 599 individui e si base su dati raccolti lungo l'arco degli ultimi quarant'anni: gli studiosi valutato gli esiti dei tre differenti test psicologici eseguiti, il primo che misurava i quattro sintomi da stress (ansia e insonnia, disfunzione sociale, depressione grave), il secondo che registrava lo stato d'animo degli interrogati in quel determinato momento, il terzo che indagava sull'esaurimento emotivo, sulla mancanza di realizzazione personale, sulla depersonalizzazione, sull'esaurimento emotivo. E confrontando le linee guida che hanno mosso tali questionari, ci si è resi conto di come i due dati oggetto di interesse della ricerca, ovvero il benessere economico e l'individualismo, fossero stati considerati sempre disgiunti e associati ad altri fattori, quali l'ansia, le condizioni di salute ed il Burnout, ovvero la sindrome da stress con esito patologico che coinvolge coloro i quali svolgono professioni di aiuto e, in generale, varie categorie di lavoratori.

Il risultato dello studio, in termini più che semplici è questo: il denaro risulta utile per poter raggiungere la propria autonomia, dopodiché sono altri i fattori che entrano in gioco per rendere felice l'individuo. Certamente una ricerca del genere fa un po' sorridere e suona un po' superflua, dalle nostre parti, al pensiero che da sempre ci si ripete che non sono i soldi a fare la felicità o che "non si vive per mangiare ma si mangia per vivere": ma forse è sempre meglio rinfrescarsi la memoria in proposito, di tanto in tanto.

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