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La dopamina fa bene alla salute, non solo all’umore

Per la prima volta è stato dimostrato che le cellule immunitarie contengono neurotrasmettitori come la dopamina. L’ormone della felicità spinge i linfociti B a produrre velocemente i migliori anticorpi per rispondere alle invasioni di virus e batteri.
A cura di Andrea Centini
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Un team di ricerca internazionale coordinato da studiosi dell'Università Nazionale Australiana (ANU) ha scoperto che il processo di generazione degli anticorpi ad opera del sistema immunitario è influenzato dal cosiddetto ormone della felicità, la dopamina. I ricercatori, coordinati dai professori Claudio Doglioni e Carola G. Vinuesa, per la prima volta hanno infatti dimostrato che le cellule immunitarie contengono diversi neurotrasmettitori, le sostanze che permettono la ‘comunicazione' tra cellule cerebrali, i neuroni. Tra essi la dopamina gioca un ruolo fondamentale nel meccanismo di difesa.

Quando un virus o un batterio aggredisce il nostro organismo, il nostro sistema immunitario risponde all'invasione attraverso il rilascio degli anticorpi, un vero e proprio esercito di difensori che tipicamente hanno una forma di Y. Agli apici delle due braccia superiori viene infatti esposta la “chiave” (l'antigene) che serve a legarsi al nemico e neutralizzarlo. Gli anticorpi dunque non sono tutti uguali, e possono essere più o meno adatti per difenderci dalle invasioni. Nei linfonodi, in pratica le ‘caserme' dove originano le cellule immunitarie chiamate linfociti T e B, ci sono aree chiamate centri germinativi dove vengono selezionati gli anticorpi più adatti allo scopo: la dopamina, in parole semplici, funziona come una sorta di controllore che soprassiede all'affascinante meccanismo di difesa.

Attraverso una simulazione al computer i ricercatori hanno determinato che il neurotrasmettitore, una volta rilasciato dalle cellule T, velocizza e migliora la risposta immunitaria dei linfociti B. Lo stesso meccanismo è stato osservato nei campioni di tessuti di 200 bambini ai quali sono state rimosse le tonsille. L'intero processo è in pratica una “motivazione supplementare per le cellule B, al fine di spingerle a produrre i migliori anticorpi possibili per aiutare a risolvere un'infezione”, ha sottolineato la dottoressa Ilenia Papa, in forze al The John Curtin School of Medical Research (JCSMR) dell'ateneo australiano.

Grazie ai risultati di questo studio i ricercatori sperano di rendere la risposta immunitaria ai vaccini e alle infezioni più rapida, efficace e produttiva, ma anche di ridurla e rallentarla in tutte quelle patologie autoimmuni, come lo è l'artrite reumatoide. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature.

[Foto di Stuart Hay, ANU]

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