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La cannabis contamina il latte materno col THC: preoccupazione degli scienziati

Un team di ricerca americano ha dimostrato che uno dei maggiori principi attivi psicotropi della cannabis, il tetraidrocannabinolo o THC, finisce nel latte materno e quindi viene trasmesso al lattante. La sostanza persiste fino a sei giorni dall’ultimo consumo di cannabis da parte della madre. Al momento non sono noti i possibili effetti sulla salute dei bambini.
A cura di Andrea Centini
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Il maggiore principio attivo psicotropo della cannabis, il THC o tetraidrocannabinolo, finisce nel latte materno e vi resta fino a sei giorni dopo l'ultima assunzione di marijuana da parte della madre. La scoperta apre le porte alle domande sulla salute dei bambini, dato che al momento la letteratura scientifica non copre gli effetti di questa sostanza stupefacente – sempre più diffusa a scopo ricreativo e medicinale – nei lattanti. A dimostrare la persistenza del THC nel latte materno un team di ricerca della Scuola di Medicina dell'Università di San Diego.

Gli studiosi, coordinati dalla professoressa Christina Chambers, docente presso il Dipartimento di Pediatria dell'ateneo americano e direttrice della ricerca clinica all'Ospedale Pediatrico Rady di San Diego, sono giunti a questa conclusione dopo aver analizzato 54 campioni di latte materno ottenuti tra il 2014 e il 2017 da 50 diverse madri. Tutte avevano confermato un consumo quotidiano, settimanale o sporadico di marijuana, principalmente per inalazione. Dai test di laboratorio, eseguiti attraverso una tecnica di elettrospray-spettrometria di massa mediante cromatografia liquida, è emerso che il THC era presente nel 63 percento dei campioni. La sostanza persisteva fino a sei giorni dall'ultima assunzione di marijuana da parte della madre.

Benché le tracce rilevate siano basse, gli scienziati attualmente non conoscono gli effetti sui lattanti e quali dosi possano essere considerate “sicure”, anche se l'Associazione Americana dei Pediatri raccomanda di non fare uso di marijuana durante la gravidanza e l'allattamento. “I pediatri sono spesso messi in una situazione difficile quando una madre che allatta chiede informazioni sulla sicurezza dell'uso di marijuana”, ha dichiarato la professoressa Chambers. “Non disponiamo di solidi dati pubblicati per supportare la raccomandazione di non usare marijuana durante l'allattamento, e se le donne sentono di dover scegliere, corriamo il rischio che decidano di smettere di allattare – qualcosa che sappiamo essere di grande beneficio per mamma e bambino”, ha aggiunto la studiosa.

Rinunciare all'allattamento al seno per poter fumare marijuana, del resto, rappresenta una scelta poco lungimirante: diversi studi hanno dimostrato che l'allattamento è associato a una riduzione del rischio di obesità, asma e morte improvvisa per i bambini, oltre che a test cognitivi con risultati migliori, inolttre per la madre sussiste una riduzione nel rischio di cancro al seno e all'utero e di sviluppare il diabete di tipo 2. Chambers e colleghi sperano dunque che i risultati del loro studio spronino i colleghi a indagare più a fondo sugli effetti della marijuana assunta dalle madri durante l'allattamento e la gravidanza, sempre più numerose perché la sostanza è stata legalizzata a scopo ricreativo in diversi Stati americani ed è anche molto più diffusa in ambito terapeutico. Basti pensare che è stata recentemente sviluppata persino una gomma da masticare a base di cannabis per trattare alcune specifiche patologie. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Pediatrics.

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