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La baby mammut va in mostra

A quattro anni dal suo ritrovamento, la piccola Yuka sarà finalmente esposta al pubblico di Mosca.
A cura di Redazione Scienze
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(AP Photo/Ivan Sekretarev)
(AP Photo/Ivan Sekretarev)

Un piccolo di mammut lanoso si aggira per il centro di Mosca: certo, purtroppo soltanto sotto forma di carcassa. Una carcassa che, però, è talmente ben conservata da ricordare davvero un animale ancora in vita: il suo nome è Yuka ed è stata battezzata così in onore della sua regione di provenienza, la Jacuzia, dove è stata rivenuta soltanto nel 2010.

In splendida forma grazie al permafrost siberiano

Le condizioni Di Yuka al momento del ritrovamento erano talmente buone che gli scienziati hanno subito guardato alla baby-mammut come una rarissima opportunità per studiare "da vicino", come non mai, il cervello e le caratteristiche di questa specie estinta di elefante, celebre per essere praticamente il simbolo della preistoria. Il merito è tutto del permafrost siberiano che ha preservato le fattezze di Yuka praticamente intatte durante gli ultimi 39.000 anni: fino a quattro anni fa, per la precisione, quando alcuni cacciatori di zanne del luogo sono incappati nel suo corpo riportato alla luce dallo scioglimento dei ghiacci nel corso della brevissima estate del nord.

Prima di giungere a Mosca, Yuka è stata già esibita in Giappone e Taiwan
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La piccola Yuka

A giudicare dai suoi circa cento chilogrammi di peso e dalla sua taglia, i ricercatori sostengono che Yuka doveva avere un'età compresa tra i sei e gli undici anni, al momento della sua morte; questo ne fa un esemplare particolarmente giovane, per una specie che si pensa potesse raggiungere anche gli ottanta anni. Sulla sua pelle, al di sotto della pelliccia che forse doveva avere una colorazione più chiara, sono ancora riscontrabili tracce riconducibili ai cacciatori dell'era glaciale: l'uomo del paleolitico e il mammut lanoso, infatti, furono contemporanei.

Membri dello della Russian Geographic Society "spacchettano" il corpo del mammut per l'esposizione di Mosca
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Uccisa dal leone

Secondo i ricercatori che hanno analizzato quelle ferite, in realtà, probabilmente Yuka fu vittima di un attacco da più parti: i segni, infatti, narrano di una battaglia con un predatore, per la precisione con un Panthera leo spelea, sottospecie estinta dell'attuale leone africano. Un osso fratturato di una gamba, in una fase di poco precedente alla sua morte, sembrerebbe suggerire che la fuga non dovette andare bene per il giovane animale: ma è la presenza di un taglio seghettato, che percorre la sua pelle dalla testa alla coda, a far pensare che qualche uomo dovette intervenire poco dopo il decesso, appropriandosi dell'animale che era stato già cacciato dai leoni.

Gli scienziati sostengono che Yuka sia il mammut meglio conservato dell'intera storia della paleontologia
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