L’uomo moderno si sta evolvendo: i geni legati a malattie eliminati dalla selezione naturale
Un team di ricerca internazionale coordinato dalla Columbia University di New York ha dimostrato che un processo di selezione naturale è attualmente in atto nell'uomo moderno. Il fenomeno individuato dagli studiosi sta letteralmente proteggendo la nostra specie, dato che l'obiettivo è quello di eliminare progressivamente le varianti genetiche connesse a gravi malattie. Tra esse, quelle correlate alle patologie cardiovascolari, principale causa di morte nei paesi occidentali, e quelle legate al morbo di Alzheimer, malattia neurodegenerativa che entro il 2050 si stima colpirà 130 milioni di individui.
I ricercatori sono giunti a questa conclusione dopo aver analizzato il DNA di 210mila soggetti tra Stati Uniti e Gran Bretagna, un'indagine certosina che ha fatto emergere la virtuosa “operazione di pulizia” in atto nel genoma umano. In parole semplici, tutte quelle varianti genetiche che predispongono a diverse condizioni patologiche, come ad esempio l'obesità, gli alti livelli di colesterolo “cattivo”, l'asma e persino quelle che si evidenziano nei grandi fumatori, sono tutte meno frequenti nelle persone più longeve. Si è in pratica attivato un meccanismo che continuerà a ridurre tali varianti genetiche generazione dopo generazione, sino a renderle sempre meno probabili all'interno della popolazione umana.
“È un piccolo segnale, ma abbiamo trovato l'evidenza che la selezione naturale è all'opera nelle popolazioni umane moderne”, ha sottolineato con entusiasmo uno degli autori dello studio, il genetista evoluzionistico Joseph Pickrell. I tempi evolutivi sono di solito estremamente lunghi (basti pensare ai milioni di anni che in passato furono necessari per sviluppare l'andatura bipede della nostra specie), tuttavia il processo evidenziato da Pickrell e colleghi è stato intercettato in un intervallo compreso tra due sole generazioni. È la prima volta che il meccanismo di selezione naturale viene osservato a una simile velocità.
Se da un lato scienziati come il paleoantropologo britannico Matthew Skinner hanno ipotizzato peculiari cambiamenti fisici nell'uomo entro tremila anni, ad esempio la crescita di mani e piedi palmati qualora dovessimo adattarci a vivere in un ambiente acquatico, dall'altro appare evidente che la sopravvivenza della nostra specie sarà legata anche dall'eliminazione di quei profili genetici meno vantaggiosi. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PloS Biology