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L’isola dove ci si dimentica della morte

Gli abitanti di Icaria che raggiungono l’età di novant’anni sono in percentuale due volte e mezzo rispetto alla media degli Stati Uniti. La formula della loro longevità e della buona salute? La genetica c’entra poco.
A cura di Nadia Vitali
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Icaria Grecia

Da qualche anno è uso consolidato chiamarle «zone blu»: sono quelle piccole e limitate aree del Pianeta in cui la vita sembra scorrere più lentamente e, sospesa nel tempo, arriva con relativa facilità a superare la soglia dei cento anni, molto spesso con tanto di buona salute. In Italia, il caso celebre perché oggetto di molti studi è quello della provincia dell'Ogliastra; in Giappone, dall'altro lato del globo, l'isola di Okinawa vanta una popolazione di ultracentenari forti e sani: e non sono i soli esempi. Certo, è facilmente intuibile la difficoltà, per chi compie ricerche in questo campo, nel reperire materiale e documentazioni attendibili in villaggi dove i più anziani non posseggono certificati di nascita: nel giro di una primavera, un ottantenne può passare tranquillamente a dire di avere già 85 anni.

L'isola di Icaro e i suoi abitatori

Anche ad Icaria non è sempre facile conoscere la verità a proposito dell'età degli abitanti, ammette Dan Buetter, autore di un reportage pubblicato dal magazine del New York Timesche per circa un decennio si è dedicato allo studio della popolazione locale con il supporto nella National Geographic Society. In questa piccola isola dove Dedalo seppellì il corpo fanciullo di suo figlio Icaro, che con le ali fabbricate dal padre era volato imprudentemente troppo vicino al Sole facendo sciogliere la cera che le fissava alla schiena, il tempo sembra svolgersi in una dimensione particolare che consente ai membri della sua piccola popolazione (poche migliaia di individui) di lasciar cadere nell'oblio persino la morte: «Noi abbiamo semplicemente dimenticato di morire» ha ironizzato una signora di 101 anni, tra le protagoniste delle interviste.

Ushi Okushima

Buetter racconta la storia di Stamatis Moraitis che nel 1943 si era trasferito, dopo una fuga dall'isola greca, negli Stati Uniti con l'obiettivo di curarsi un braccio che era stato gravemente danneggiato durante un conflitto a fuoco, nell'ambito della guerra. In America Moraitis costruì la sua vita nuova, aveva dei figli, una grande casa ed una bella automobile: quando nel 1976 gli venne diagnosticato un tumore al polmone, diagnosi confermata da una decina di medici, l'uomo raccolse il coraggio ed optò per una soluzione pratica: sarebbe tornato ad Icaria, laddove avrebbe potuto essere sepolto vicino ai suoi avi dopo un funerale dai costi modesti, diversamente da quanto sarebbe accaduto negli Stati Uniti. Dopo le prime settimane nell'isola, dopo giorni di letto seguito dagli anziani genitori e dalla moglie, Moraitis si recò una domenica mattina nella cappella greco-ortodossa del villaggio, dove un tempo suo nonno aveva celebrato la Messa: i suoi amici di infanzia, venuti così a conoscenza del suo rientro in patria, lo accolsero con calore e, sistematicamente, ogni pomeriggio si presentavano a casa sua per chiacchierare per ore ed ore, senza dimenticare di portare con sé un paio di bottiglie di vino locale. Alla fine, Stamatis Moraitis era giunto alla constatazione che sarebbe morto felice, lì, nell'isola di Icaro: e invece, gradualmente, iniziò a sentirsi più forte e a migliorare progressivamente. Oggi è ancora ad Icaria, mentre «i dottori sono tutti morti». Coltiva e produce vino, respira l'aria dell'Egeo ed è un novantasettenne in forma.

Questione di stili di vita

Da decenni la scienza cerca di carpire il segreto della longevità, talvolta concentrandosi sugli aspetti biologici ed ereditari della questione, talaltra cercando di "rubarlo" proprio a chi, come gli abitanti di Icaria, vive senza porsi troppi interrogativi la propria lunga vita incurante del tempo. Osservando le dinamiche delle "zone blu" come Icaria gli esperti hanno più volte rilevato un'incidenza visibilmente più bassa di patologie che caratterizzano fortemente la società occidentale come le malattie cardiovascolari ma anche le demenze senili e la depressione: eppure, come sottolineato dallo studio, le cause genetiche pesano in una percentuale sensibilmente più bassa rispetto all'importanza che lo stile di vita ha per il mantenimento della salute il più a lungo possibile.

Ma cosa fanno di particolare gli isolani di Icaria che li contraddistingue dagli altri? Sostanzialmente quello che ci si può aspettare da un piccolissimo centro in mezzo al mare: il tempo è vissuto in una dimensione meno "accelerata" di quella metropolitana, non si dimentica mai di fare il riposino pomeridiano e al mattino ci si alza con calma, si passa tanto tempo con gli amici, magari bevendo un bicchiere di vino (e, perché no, anche due) in compagnia. L'alimentazione è chiaramente mediterranea e molto leggera, scarsissima la carne, tanto latte di capra, legumi, patate e pane; l'esercizio fisico non manca in un luogo in cui tutti coltivano il proprio fazzoletto di terra. Ma forse sarebbe troppo poco per spiegare il "mistero" di Icaria. Il dottor Ilias Leriadis ha spiegato a Dan Buettner, indicando la vicina isola di Samo:

Qui semplicemente il tempo non ha importanza: ma a soli 15 chilometri da Icaria c'è un mondo completamente diverso. Lì sono molto più sviluppati. Ci sono palazzoni e resort e case che valgono milioni di euro. A Samo si curano dei soldi, mentre noi non lo facciamo. In occasione di feste religiose o culturali, le persone mettono in comune il denaro per comprare vino e cibo: quando avanza qualcosa viene dato ai poveri. Questo non è un posto per "me" ma un posto per "noi".

E forse, in assenza per il momento di una teoria scientifica soddisfacente che fornisca un'interpretazione dell'anomalia di un luogo in cui le probabilità di giungere a cento anni sono più del doppio che in qualunque altra parte del mondo, l'osservazione di Ilias Leriadis sembra la più interessante e la più capace di avvicinare alla verità: o comunque, di sicuro, è la più bella.

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