L’importanza di Charles Darwin (anche) oggi
Non sono pochi quelli che, superate da un pezzo le soglie del 2000, propendono per un’interpretazione letterale della Bibbia che lascia ben poco spazio alle teorie del più celebre (e celebrato) naturalista britannico: forse di meno in Europa, dove la stessa Chiesa ha da tempo abbandonato posizioni e teorie del creazionismo, ponendo fine ad una opposizione che non aveva ragione di essere; ma in modo crescente, e presso diverse confessioni religiose evangeliche, con tanto di riconoscimento ed appoggio politico da parte di alcune forze interne ai partiti conservatori, al di là dell’Oceano, negli Stati Uniti.
Ecco perché una “rispolverata” a Darwin è sempre doverosa: ricordare l’immenso contributo che quello studente di medicina non brillante ha saputo dare alla scienza di tutti i tempi è un atto ancora oggi significativo, soprattutto se si considera la sempre più invasiva penetrazione di teorie creazioniste anche nell'ambito dell’istruzione, con lo Stato americano del Tennessee che ha accordato, già un paio di anni fa, il permesso alle scuole di adottare libri di testo alternativi all'insegnamento dell’evoluzionismo.
Nessun uomo contemporaneo sarebbe capace di guardare alla realtà – e non soltanto al mondo delle scienze – con gli stessi strumenti di analisi di cui dispone oggigiorno, senza la “lente” fornita da Charles Darwin a partire dalla pubblicazione di quella Origine della Specie che, nel 1859, avrebbe rivoluzionato per sempre le conoscenze e le teorie dell’umanità, affermando il concetto moderno di evoluzione biologica. Quello che per lo scienziato rappresentava il punto di approdo del lungo viaggio che lo aveva portato a peregrinare tra le isole di Capo Verde, le Malvine e, soprattutto, le Galapagos, la summa di quanto osservato, appreso ed elaborato durante la sua esperienza a bordo della nave Beagle, fu in realtà la rampa di lancio per tutta la successiva scienza.
Ma nonostante i decenni trascorsi dalla presentazione delle teorie darwiniane, e nonostante i progressi che queste hanno significato in innumerevoli campi del sapere, il bisogno di continuare a parlare di evoluzionismo permane: anche in questa ottica bisogna guardare all'appuntamento con il Darwin Day che, istituito in Inghilterra proprio nell'anno successivo alla morte dello scienziato, è diventata dal 2003 consuetudine anche per il nostro Paese. Un momento in cui gli studiosi italiani si riuniscono in incontri e conferenze su temi inerenti l'evoluzione, la biologia o la zoologia, ma anche un'occasione da non perdere per la divulgazione. Ad esempio, il campo degli equivoci non è del tutto sgombro da grossolane "interpretazioni" che vorrebbero alcune specie più evolute di altre oppure specie perfettamente adattate. Per molti è ancora faticoso staccarsi da una visione che vede, in ogni caso, la specie umana come l'apice di una sorta di scala naturale, punto di arrivo di un meccanismo che si muoverebbe dal semplice al complesso.
Insomma, tra "revival" creazionisti e adattamenti dell'evoluzionismo a preconcetti scientificamente non fondati, tra ortodossa lettura della Bibbia e teoria del disegno intelligente, uno sguardo indietro a Darwin non risulterebbe in alcun modo superfluo: anche perché, è bene ricordarlo, se oggi siamo in grado di osservare il mondo con una particolare capacità analitica, il merito è anche di quell'uomo che coraggiosamente solcò i mari per seguire i propri studi, avendo la fortuna di vedere anche specie ed angoli di mondo che, purtroppo, oggi non esistono più se non negli appunti dei viaggiatori.