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L’antenato di tigri e leoni è stato scoperto in Tibet

Vissuto circa 6 milioni di anni fa somiglierebbe in particolar modo al moderno leopardo delle nevi.
A cura di Nadia Vitali
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Un rarissimo esemplare di leopardo delle nevi non in cattività, fotografato in Afghanistan nel 2009
Un rarissimo esemplare di leopardo delle nevi non in cattività, fotografato in Afghanistan nel 2009

Alcuni scienziati si sono imbattuti nel cranio fossile appartenente al più antico "grande gatto" conosciuto, vissuto in Tibet ed antenato ancestrale dei moderni leoni, delle tigri e dei leopardi: il ritrovamento spinge indietro di circa due millenni il record detenuto dai reperti riguardanti questi animali, aiutando a chiarire alcuni passaggi chiave della storia evolutiva della famiglia dei Felidi. La specie, classificata con il nome scientifico di Panthera blytheae, sarebbe vissuta tra i quattro e i sei milioni di anni fa nelle fredde regioni himalayane: questo darebbe maggior risalto alla teoria seconda la quale le creature del genere Panthera proverrebbero dall'Asia anziché dall'Africa, come lasciava intendere un fossile venuto alla luce precedentemente in Tanzania che fino ad oggi deteneva il record di anzianità con i suoi 3,6 milioni di anni.

L'aspetto di questo misterioso ed antichissimo animale non doveva essere molto difforme da quello dei grandi felini che ancora oggi si aggirano, maestosi ed affascinanti, in diversi punti del nostro Pianeta: secondo quanto è stato possibile appurare dagli studiosi, l'animale, che pesava circa 20-25 chilogrammi, presumibilmente appariva assai simile al moderno leopardo delle nevi, soltanto con una corporatura lievemente più esile; in effetti, con questo condivideva il tipo di habitat costituito da altipiani e climi estremamente rigidi. Dettagli e caratteristiche del fossile sono state descritte in un paper pubblicato da Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences: Jack Tseng dell'American Museum of Natural History di New York, a capo del gruppo di ricercatori che ha rinvenuto il fossile, ha spiegato che, con buone probabilità, se per assurdo dovessimo vedere una creatura del genere vivente non saremmo in grado di distinguerla dai grandi gatti che ci sono noti.

Elaborazione artistica (di Mauricio Anton) di quello che doveva essere l'aspetto di Panthera blytheae sulla base del cranio rinvenuto
Elaborazione artistica (di Mauricio Anton) di quello che doveva essere l'aspetto di Panthera blytheae sulla base del cranio rinvenuto

La scoperta di Tseng e colleghi è avvenuta nell'estate del 2010 quando il team era a caccia di fossili in una remota regione asiatica lungo il confine tra Cina e Pakistan: il reperto quasi intatto giaceva al di sotto di un mucchio di ossa che includeva arti di antilopi e cavalli; assieme ad esso, altri frammenti di ossa appartenenti al grande gatto per un totale di diversi resti appartenenti a ben tre individui. La calotta cranica meglio conservata ha subito attirato l'attenzione dei ricercatori, con la sua fronte ampia e le cavità sinusali ben estese, un evidente adattamento alle basse temperature del suo ambiente che aiutava a riscaldare l'aria che l'animale respirava. Successivi esami hanno consentito di datare i resti di Panthera blytheae come risalenti ad un arco di tempo compreso tra i 4,10 e i 5,95 milioni di anni fa: le indagini svolte in laboratorio hanno permesso di concludere come l'animale fosse senza ombra di dubbio un antenato del leopardo delle nevi, mentre le analisi stratigrafiche sul sito del ritrovamento (nello specifico, quelle in grado di determinare riferimenti cronologici sulla base della "registrazione" delle inversioni di polarità nel campo magnetico terrestre) hanno reso possibile delineare i confini temporali dell'esistenza di questo magnifico "gattone".

«Possiamo ancora immaginarlo andare a caccia tra i dirupi himalayani, tendendo imboscate a pecore, antilopi o piccoli mammiferi!» dice Tseng. Prevedibilmente, infatti, il felide aveva una dieta carnivora, così come è stato verificato attraverso le analisi sui denti: quelli più frontali servivano per aggredire ed attaccare le parti coriacee delle sue prede come si intuisce dal duro rivestimento che li caratterizza, mentre quelli laterali, più affilati, tagliavano i tessuti morbidi: del resto visti i suoi discendenti, agilissimi cacciatori, non poteva essere altrimenti.

«Questo splendido fossile supporta l'ipotesi dell'origine asiatica dei membri del genere Panthera, portando dati molecolari e biologici a convergere in una prospettiva unificata dell'evoluzione di questi animali» spiegano gli autori della ricerca «Inoltre conferma l'idea dell'altopiano tibetano come una regione di fondamentale importanza bio-geografica per gran parte dei mammiferi e centro di origine di molti importanti gruppi». Stabilire il luogo di nascita di leoni, tigri, leopardi e giaguari, infatti, significa anche comprendere al meglio il contesto ambientale ed ecologico in cui tali creature si sono differenziate ed evolute, giungendo fino a quelle meraviglie che ancora possiamo ammirare, anche se il rischio dell'estinzione si allunga minacciosamente sempre più sulle singole specie.

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