L’acqua della Terra non proviene dalle Comete
Se sul nostro Pianeta c'è dell'acqua, e quindi le condizioni per la vita, non dobbiamo essere grati per questo a comete come la 67P/Churyumov–Gerasimenko: i dati raccolti negli ultimi mesi hanno infatti svelato che l'oggetto celeste più famoso delle ultime settimane, il primo di questo genere ad essere toccato da uno strumento umano nelle fattezze del lander Philae, non custodirebbe sulla sua superficie riserve idriche compatibili con quelle terrestri.
Da dove proviene la nostra acqua?
Una delle ipotesi più accreditate relativamente alla nascita della Terra vuole che quando questa si formò, circa 4.6 miliardi di anni di anni fa, qualunque eventuale bacino idrico originario sia evaporato a causa delle temperature molto elevate: tuttavia sappiamo come, oggi, circa due terzi della superficie del globo siano ricoperti dall'acqua. Da dove mai può essere giunta? Lo scenario più probabile sembra essere quello secondo il quale l'acqua sarebbe arrivata dopo un importante raffreddamento planetario a cui avrebbero fatto seguito presumibilmente diversi impatti con corpi celesti come asteroidi e comete: furono questi a portare l'acqua, quindi. Quello che è ancora fonte di acceso dibattito scientifico è il contributo di ciascuna classe di oggetti. Una delle tante risposte che gli scienziati stanno cercando al di fuori dell'atmosfera terrestre e che potrebbe dirci molto in merito alle nostre origini nell'universo.
Analisi chimiche dei vapori di 67P/C-G
Uno dei fattori determinanti per individuare l'origine dell'acqua presente sulla Terra è l'analisi del "sapore" di questa: in particolare, il rapporto tra idrogeno e deuterio (che è un isotopo stabile dell'idrogeno con un neutrone nel nucleo). Tale proporzione è infatti un indicatore fondamentale ed inequivocabile, dal momento che si presenta in maniera pressoché invariata in qualunque tipo di acqua che circoli sul nostro Pianeta: e invece nei vapori della 67P/C-G gli atomi di deuterio, rispetto a quelli di idrogeno, risultano tre volte più abbondanti di quanto accade nelle acque dei nostri oceani. A rendersene conto è stato uno degli strumenti della sonda Rosetta in orbita attorno alla cometa, chiamato ROSINA (Rosetta Orbiter Spectrometer for Ion and Neutral Analysis).
Conclusione che fa cadere l'ipotesi che comete provenienti dalla Fascia di Kuiper, come quella osservata dal veicolo spaziale ESA, possano essere le portatrici d'acqua: questa regione solare, infatti, è meno distante rispetto alla nube di Oort da cui provengono le comete di lungo periodo. Per intenderci, dalla nube di Oort, troppo lontana e buia anche per i più raffinati telescopi moderni, viene anche la Cometa di Halley i cui vapori, già analizzati diversi anni fa, avevano rivelato valori molto diversi da quelli terrestri relativamente al rapporto deuterio/idrogeno. Ecco perché si guardava con speranza alla Fascia di Kuiper: a torto, a quanto pare.
Alla ricerca della fonte originaria
ROSINA ha approfondito una questione che è stata diverse volte oggetto di studio negli ultimi trent'anni: il rapporto deuterio/idrogeno era stato infatti già misurato in passato mostrando un'ampia gamma di risultati differenti. Delle 11 comete per le quali è stato possibile condurre questo tipo di analisi, soltanto una ha mostrato invece una composizione dell'acqua che coincide proprio con quella terrestre: si tratta della 103P/Hartley, osservata nel 2011 dalla missione ESA Herschel, appartenente alla famiglia cometaria di Giove proprio come la stessa 67P/C-G.
Come ha sottolineato Kathrin Altwegg, principal investigator per ROSINA ed autrice principale del paper pubblicato da Science che ha reso nota la scoperta, queste conclusioni indicano verosimilmente origini diverse per le comete gioviane, magari poste a immense distanze l'une dalle altre nel giovanissimo Sistema Solare in cui si formarono. Ma, soprattutto, spostano ulteriormente l'attenzione degli scienziati verso gli asteroidi, anziché sulle comete, per comprendere in che modo la maggior parte dell'acqua terrestre sia passata dalle immensità dello spazio ai nostri Oceani.