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Inversione dei poli, forse scoperto perché il polo nord magnetico si sta spostando di 48km all’anno

Due ricercatori hanno messo a punto una super simulazione che replica le condizioni fisiche del nucleo della Terra, grazie alla quale hanno scoperto il probabile meccanismo alla base delle variazioni impreviste del campo magnetico terrestre, come l’accelerazione che sta spingendo il polo nord magnetico dal Canada alla Siberia a una velocità di 48km all’anno. Così forse riusciremo a prevedere la temuta inversione dei poli.
A cura di Andrea Centini
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Grazie a un sofisticato modello matematico gli scienziati hanno compreso il meccanismo alla base delle brusche variazioni e accelerazioni del campo magnetico terrestre, verosimilmente responsabili dello spostamento del polo nord magnetico, della famigerata inversione dei poli (un fenomeno periodico) e della recente e imprevista revisione del World Magnetic Model, che fra le altre cose è alla base del corretto funzionamento dei sistemi di navigazione di smartphone, aerei e navi. In parole semplici, i cosiddetti “scossoni geomagnetici” (geomagnetic jerks) che determinano il comportamento del campo magnetico terrestre sono dovuti a specifici movimenti dei materiali nel nucleo della Terra, individuati proprio attraverso la simulazione. Grazie a questa scoperta potrebbe essere possibile prevedere l'evoluzione del campo magnetico del nostro pianeta e rendere più precisi i sopracitati sistemi di navigazione.

Credit: NASA Goddard Space Flight Center
Credit: NASA Goddard Space Flight Center

Ricerca internazionale. La preziosa simulazione è stata messa a punto da due ricercatori, il professor Julien Aubert dell'Istituto di Fisica del Pianeta di Parigi (CNRS / IPGP / IGN / Université de Paris) e il dottor Christopher C. Finlay della Divisione di Geomagnetismo presso l'Istituto Nazionale dello Spazio dell'Università Tecnica della Danimarca (DTU) di Lyngby. I due scienziati, che si sono avvalsi dei supercomputer del Grand équipement national de calcul intensif (GENCI) francese, hanno creato una simulazione in grado di replicare in modo certosino le condizioni fisiche del nucleo della Terra. Esso è composto da un nucleo interno viscoso fatto quasi completamente di ferro e da un nucleo esterno fluido, fatto di ferro e nichel; proprio i movimenti del materiale nel nucleo esterno danno origine al campo magnetico terrestre. Per elaborare questa super simulazione del nucleo i due ricercatori hanno impiegato l'equivalente di 4 milioni di ore di calcolo, concentrate grazie all'utilizzo di supercomputer.

La scoperta. Aubert e Finlay sapevano bene che le variazioni del campo magnetico della Terra si basano su due movimenti distinti, legati al passaggio del calore dall'interno verso l'esterno: sono i lentissimi (secolari) moti convettivi e le rapide onde idrodinamiche che si sviluppano nel giro di anni. Grazie al modello matematico hanno scoperto che le brusche accelerazioni del campo magnetico sarebbero dovute all'interazione delle onde rapide con i moti di convenzione, che spinge il fluido più caldo del nucleo esterno a salire verso la superficie molto più rapidamente del previsto. Questo sussulto influenza il comportamento "imprevedibile" del campo magnetico e può scatenare accelerazioni improvvise, come quella che sta determinando lo spostamento del polo nord magnetico dal Canada verso la Siberia, a una velocità di ben 48 chilometri all'anno. Sul lungo termine ciò potrebbe provocare anche l'inversione dei poli, un evento avvenuto l'ultima volta 780mila anni fa e che potrebbe esporci per un certo periodo di tempo alle pericolose radiazioni cosmiche e solari (lo scudo rappresentato dalla magnetosfera potrebbe infatti indebolirsi sensibilmente durante il processo). L'aspetto più interessante della scoperta risiede nel fatto che, attraverso questa simulazione, Aubert e Finaly sono riusciti a replicare esattamente i movimenti imprevedibili del campo magnetico terrestre avvenuti nel recente passato; ciò suggerisce che in futuro potrebbe essere utilizzata proprio per monitorarne il comportamento e soprattutto a prevederlo. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Geoscience.

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