In un anno la Foresta Amazzonica ha perso un’area grande quanto la Campania: la stiamo distruggendo
Tra il primo agosto 2020 e il 31 luglio 2021 sono andati distrutti 13.235 chilometri quadrati di Foresta Amazzonica in Brasile. Per rendersi conto della gravità della perdita, basti sapere che si tratta di un'area estesa quanto la Campania o il Trentino Alto Adige / Sud Tirol. Rispetto ai rilevamenti condotti nel 2019-2020 c'è stato un significativo peggioramento in termini di vegetazione distrutta, di circa il 22 percento in più, considerando che la deforestazione era stata pari a 10.851 chilometri quadrati. Non si raggiungeva una perdita così grave da 15 anni. Il nuovo, drammatico dato evidenzia il precario stato di salute del “polmone verde della Terra”, devastato dagli incendi e dal disboscamento – legale e illegale – per far spazio ad allevamenti, piantagioni e miniere. Nel mirino di scienziati e attivisti ci sono le politiche antiambientaliste del presidente Jair Bolsonaro, in carica dal 2019, che avrebbe favorito le attività di deforestazione. Da quando si è insediato si calcola che il tasso di disboscamento è quadruplicato, passando dalla perdita annuale di un milione di ettari a 3,9 milioni di ettari.
A comunicare in un nuovo rapporto che la Foresta Amazzonica brasiliana ha perso 13.235 chilometri quadrati nell'ultimo anno è stato l’Instituto Nacional de Pesquisas Espaciais (INPE), l'Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile, che monitora costantemente la deforestazione attraverso il Projeto de Monitoramento de Desmatamento da Amazônia (PRODES). Gli esperti si avvalgono delle immagini satellitari – come quelle catturate dal Landsat – per determinare quanta vegetazione viene distrutta e dove, con una risoluzione di 6,25 ettari. Gli ultimi rilevamenti hanno determinato che l'87,5 percento del disboscamento della foresta pluviale si è verificato negli Stati di Pará, Amazonas, Mato Grosso e Rondônia. Solo nel mese di ottobre 2021 sono andati perduti 877 chilometri quadrati, il 5 percento in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ciò nonostante il trend negli ultimi mesi sembra essere in leggero calo.
Un aspetto interessante del rapporto dell'INPE risiede nel fatto che pur essendo pronto dalla fine di ottobre è stato presentato solo adesso. Secondo gli ambientalisti è stata una decisione deliberata del governo per evitare di mostrare i dati durante la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP26), che si è recentemente tenuta a Glasgow, in Scozia. Nonostante non abbia partecipato Bolsonaro in persona, la delegazione brasiliana ha comunque preso uno degli impegni più significativi dell'intera conferenza, ovvero quello di fermare la deforestazione entro il 2030. Questa volontà, tuttavia, contrasta con i nuovi preoccupanti dati diffusi dall'INPE, agenzia con cui il presidente Bolsonaro si è scontrato più volte in passato.
Se davvero il governo brasiliano riuscirà ad arrestare la progressiva distruzione del polmone della Terra, non solo saranno preservate le popolazioni indigene – le cui terre sacre sono considerate fondamentali per la lotta al riscaldamento globale -, ma anche la ricchissima biodiversità della foresta pluviale. Inoltre un'Amazzonia estesa e rigogliosa rappresenta un'arma preziosa per catturare le emissioni di anidride carbonica (CO2) dovute alle attività umane. Basti sapere che in base allo studio “Carbon loss from forest degradation exceeds that from deforestation in the Brazilian Amazon” pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, nell'ultimo decennio la Foresta Amazzonica si è trasformata da sequestratrice di CO2 a emettitore netto, proprio a causa degli incendi e della deforestazione. È stato calcolato che la foresta ha emesso ben 16,6 miliardi di tonnellate di carbonio, contro le 13,9 miliardi di tonnellate che ha assorbito. I nuovi dati dell'INPE non faranno che peggiorare il pericoloso trend, che ha trasformato in un nemico dei cambiamenti climatici uno dei nostri più importanti alleati. Sempre e solo a causa nostra.