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Covid 19

In Svezia fallita strategia dell’immunità di gregge: ricoveri raddoppiano più che in altri Paesi UE

La Svezia nei mesi scorsi è balzata agli onori della cronaca per essere stata l’unico Paese europeo a non aver imposto il lockdown per affrontare la pandemia di COVID-19. La strategia dell’immunità di gregge avrebbe dovuto “proteggere” i cittadini da una seconda ondata, ma i dati di questi giorni raccontano un’altra storia.
A cura di Andrea Centini
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La prima ondata della pandemia di COVID-19 verificatasi nei primi mesi dell'anno è stata affrontata in modo più o meno omogeneo dalla stragrande maggioranza dei Paesi, con alcuni costretti a fare un rapido dietrofront innanzi all'impennata di contagi e decessi (come il Regno Unito guidato da Boris Johnson). In Europa l'unica nazione che non ha introdotto il lockdown è stata la Svezia, puntando a una utopistica immunità di gregge che ha solo prodotto morte e sofferenza, senza ottener alcun risultato. Che lasciar circolare liberamente o quasi il coronavirus SARS-CoV-2 sia stata una scelta assurda e moralmente inaccettabile lo dimostra innanzitutto uno studio sulla sieroprevalenza condotto a Stoccolma, che ha rilevato anticorpi in meno dell'8% della popolazione. Il dato è perfettamente in linea con quello di Barcellona, città colpita duramente dalla pandemia e dove sono state introdotte misure molto stringenti. In parole semplici, significa che aver fatto circolare il virus tra la popolazione della capitale svedese non ha determinato alcuno “scudo” immunitario (la soglia minima dell'immunità di gregge è stimata nel 60% per la COVID-19, e per gli esperti tale principio può avere senso solo con un vaccino disponibile).

A far crollare definitivamente le fondamenta della strategia svedese è la seconda ondata che sta vivendo in questi giorni, con numeri assai drammatici in relazione alla popolazione complessiva (circa 10 milioni di abitanti). Se l'immunità di gregge avesse funzionato, in Svezia non avrebbe dovuto palesarsi alcuna seconda ondata, o perlomeno non sarebbe stata così dura, come paventato dal dottor Anders Tegnell, fautore della strategia "no lockdown". Ma i dati stanno raccontando una situazione completamente diversa. Il Paese del Nord Europa, infatti è quello del Vecchio Continente in cui il numero di persone che finisce in ospedale raddoppia più velocemente in assoluto. Il raddoppio avviene infatti in appena 8 giorni, contro i 9 di Austria e Slovacchia (a pari merito sul secondo gradino) e i 10 dell'Italia. In Svezia si è arrivati a 2.900 persone ricoverate in terapia intensiva – a questo link sono consultabili i dati ufficiali del registro svedese sulle terapie intensive – e il numero di nuovi contagiati è di circa 4mila ogni giorno su base settimanale, come riporta l'OMS. L'11 novembre sono stati registrati 4.467 tamponi positivi e 25 morti. Questi dati sono sensibilmente superiori a quelli di tutti gli altri Paesi del Nord Europa che hanno deciso di introdurre misure più stringenti sin dalla prima ondata. E sono in significativo aumento come in pochi altri Paesi europei, dove non sono stati introdotti lockdown nazionali (come il Portogallo e l'Italia). Sulla base della mappa interattiva messa a punto dagli scienziati americani dell'Università Johns Hopkins, dall'inizio della pandemia in Svezia si contano 171.365 contagi e 6.122 vittime.

Alla luce di questi numeri, il Primo Ministro Stefan Lofven in una conferenza stampa aveva ammesso che “tutti gli indicatori puntano nella direzione sbagliata”, pertanto sarebbero state introdotte ulteriori misure per spezzare la catena dei contagi. Tra le prime vi è stato il limite massimo di otto persone ai tavoli di bar e ristoranti. In alcune regioni è stato raccomandato di evitare centri commerciali, palestre, musei e altri luoghi di ritrovo pubblici, così come è stato richiesto di non incontrare persone esterne al proprio nucleo famigliare. Ma come dichiarato dal dottor Johan Nöjd al Telegraph, almeno il 20-40 percento dei cittadini svedesi non rispetta le indicazioni. La curva infatti non è calata nemmeno dove le misure sono state introdotte, e così il governo ha deciso che dal 20 novembre, a partire dalle 22, sarà vietata la vendita di alcolici nei bar e ristoranti, considerati luoghi di ritrovo "volano" delle infezioni. Questi locali dovranno chiudere entro le 22:30. Il ministro della Salute Lena Hallengren ha dichiarato che un paziente su cinque ricoverato in terapia intensiva è affetto da COVID-19, e questi numeri continueranno a salire all'aumentare dei contagi. I medici stanno chiedendo a gran voce che il governo prenda iniziative drastiche e immediate, come un lockdown, ma al momento non è ancora previsto nulla del genere.

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