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In Italia mille nuovi casi di Aids nel 2010

A Roma la Conferenza Internazionale sull’Aids presenta i dati sui cambiamenti nell’ultimo anno riguardanti la ricerca sulla malattia e la diffusione del contagio.
A cura di Nadia Vitali
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Sono diversi i punti che verranno trattati dai seimila medici e ricercatori riuniti in questi giorni a Roma nella Conferenza Internazionale sull'Aids, a trent'anni dalla scoperta di questo terribile flagello: le speranze riposte in un vaccino la cui messa a punto tutta italiana sembrerebbe aprire nuove prospettive per riportare alla normalità le funzioni immunitarie di quanti sono affetti da Sindorme da Immunodeficienza Acquisita, l'allarme destato contro le case farmaceutiche intenzionate ad alzare i prezzi per i medicinali antiretrovirali, fondamentali per curare i pazienti affetti, la protesta contro il Governo Italiano che non paga la propria quota al fondo internazionale di lotta alla malattia da ben due anni.

Ma il tema portante della conferenza sarà il nuovo uso che sembra i farmaci antiretrovirali potrebbero avere nella lotta a questa tremenda piaga dei nostri giorni: come già messo in evidenza recentemente, questo tipo di terapia, nato inizialmente per intervenire direttamente sui malati, si è rivelato essenziale e funzionale anche per ridurre drasticamente la possibilità di trasmettere il virus, se iniziato adeguatamente presto e non nel momento in cui la malattia si manifesta, cosa che infatti può accadere anche nel giro di una decina d'anni. Essenziale, dunque, il ruolo della diagnosi precoce.

A questo proposito, il Centro Operativo Aids, in occasione della conferenza, ha reso noti i dati relativi all'Italia: dal 1982, allorché il primo caso di Aids venne scoperto in Italia, al 31 dicembre 2010, i contagiati sono stati 62 617, di cui 1079 nell'ultimo anno e 2588 nel 2009. La concentrazione maggiore è al centro nord, detiene il triste record l'Emilia Romagna seguita da Lombardia e Lazio, i numeri più bassi si trovano in Calabria e, in generale, nel Sud e nelle isole: questo fa dell'Italia un paese, rispetto all'Europa occidentale, con un'incidenza di nuove diagnosi da hiv medio alta. Aumenta l'età al momento di tale diagnosi, segno forse del fatto che sono ancora troppi a credere che questo male abbia cessato di esistere: il 66,2% dei casi si colloca nella fascia d'età compresa tra i 30 ed i 49 anni. Cambiano anche i metodi di trasmissione, facendo passare i tossicodipendenti dal 74,6% del 1985 al 5,4 del 2009, mentre i contagi attribuibili a rapporti sessuali a rischio aumentano notevolmente di numero.

Numeri e dati che ci riportano a due considerazioni evidenti: la prima è che, a dispetto di una sottovalutazione del fenomeno che negli ultimi anni ha investito l'opinione pubblica, questa malattia non ha ancora la minima intenzione di uscire dalle nostre statistiche ma si sta conquistando un posto sempre più importante, soprattutto in particolari aree del pianeta. La seconda è che, ciononostante, l'impegno profuso da scienziati e medici sta iniziando a dare frutti davvero validi che, si spera, possano portare sempre più verso la sconfitta definitiva del virus: il tutto se ogni paese si ricorda di collaborare, in primo luogo finanziando la ricerca. Speriamo che, quanto prima, l'Italia anche si decida a farlo di nuovo, cancellando definitivamente questa brutta immagine di sé che il nostro paese sta dando, pur ospitando la Conferenza in questi giorni.

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