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Covid 19

In Italia le mascherine hanno evitato 80mila contagi da coronavirus in un solo mese

Uno studio americano guidato dal Premio Nobel per la Chimica Mario J. Molina ha dimostrato che l’uso delle mascherine, in un solo mese, ha evitato circa 80mila infezioni da coronavirus in Italia e 66mila a New York. Questi DPI sarebbero i più efficaci per spezzare la catena dei contagi della COVID-19.
A cura di Andrea Centini
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L'uso delle mascherine durante la pandemia di coronavirus SARS-CoV-2 ha un impatto significativo nel ridurre il numero delle infezioni, avendone evitate diverse decine di migliaia soltanto a New York e in Italia nell'arco di circa 30 giorni. Questi dispositivi di protezione individuale (DPI) sarebbero addirittura il mezzo più efficace per spezzare la catena dei contagi; una "promozione" che giunge un po' a sorpresa, dato che durante le prime settimane della pandemia le mascherine sono state spesso tacciate di essere “inutili” o “ininfluenti”, se indossate dalla gente comune. Alcuni sostengono tuttavia sia stata una strategia per preservare le scorte limitate, preziosissime per gli operatori sanitari impegnati a combattere il virus in prima linea.

A determinare il ruolo cruciale delle mascherine è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati del Dipartimento di Chimica e Biochimica dell'Università della California di San Diego, che hanno collaborato con i colleghi dei dipartimenti di Scienze Atmosferiche e Chimica dell'Università Texas A&M di College Station. I ricercatori sono stati coordinati dallo scienziato messicano di fama internazionale Mario J. Molina, vincitore del premio Nobel per la Chimica nel 1995 – assieme ai colleghi Frank Sherwood Rowland e Paul Crutzen – per aver dimostrato i processi che portano alla formazione e alla disgregazione del buco dell'ozono.

I ricercatori hanno valutato la capacità di trasmissione del coronavirus SARS-CoV-2 da persona a persona e hanno valutato la tendenza dell'epidemia in tre epicentri, l'Italia, la città di New York e quella di Wuhan, tenendo in considerazione le misure messe in campo dalle autorità per provare ad arginare la diffusione del patogeno. Incrociando i dati è emerso chiaramente il ruolo determinante delle mascherine. Basti pensare che solo in Italia, dal 6 aprile al 9 maggio, avrebbero da sole contribuito a ridurre di ben 78mila il numero di infezioni (circa 1/3 del totale attuale), mentre ne avrebbero risparmiate 66mila alla Città di New York tra il 17 aprile e il 9 maggio.

“I nostri risultati mostrano chiaramente che la trasmissione nell'aria attraverso aerosol respiratori rappresenta la via dominante per la diffusione di COVID-19. Indossare una mascherina in pubblico corrisponde a uno dei mezzi più efficaci per prevenire la trasmissione interumana”, ha sottolineato in un comunicato stampa dell'università texana professor Renyi Zhang, uno dei coautori dello studio. Gli ha fatto eco il professor Molina: “Il nostro studio stabilisce chiaramente che l'uso di una mascherina non è utile solo per impedire alle goccioline infette di raggiungere le persone non infette, ma servono anche a queste persone non infette a evitare di respirare le piccole particelle atmosferiche (aerosol) che le persone infette emettono quando parlano, e che possono rimanere nell'atmosfera per decine di minuti e viaggiare per diversi metri”.

Gli scienziati sottolineano che in Cina i numeri della pandemia sono stati contenuti proprio perché c'è l'usanza di utilizzare le mascherine, ad esempio per evitare di respirare l'aria fortemente inquinata. Gli autori dello studio concludono che il distanziamento sociale e l'igiene delle mani da soli non bastano, ma che in sinergia con le mascherine rappresentano un mezzo molto efficace per ridurre la diffusione del SARS-CoV-2. I dettagli della ricerca “Identifying airborne transmission as the dominant route for the spread of COVID-19” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).

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