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Il virus volato nello Spazio a bordo di una chiavetta USB russa

Sulla Stazione Spaziale Internazionale è giunto un virus che potrebbe essere stato portato erroneamente da un cosmonauta russo. Il virus conferma le paure sollevate all’epoca da Stuxnet.
A cura di Redazione Scienze
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A 300 km dalla superficie terrestre, l'ultima cosa di cui si sente il bisogno è un virus che infetta le macchine che contribuiscono a terci in orbita intorno al nostro pianeta. A pochi giorni dal ritorno di Luca Parmitano dalla ISS, l'esperto di sicurezza russo Eugene Kaspersky ha confidato ai giornalisti, in occasione del National Press Club di Canberra in Australia, che alcuni dispositivi informatici della Stazione Spaziale Internazionale sono stati interessati da un virus all'inizio del 2013. Secondo una prima ricostruzione, a portare il worm nello Spazio potrebbe essere stato proprio un cosmonauta russo. Spiega Kaspersky che "i cosmonauti sono tornati di volta in volta con la chiavetta USB infettata" e, secondo l'esperto, sono stati proprio loro a confermargli la presenza del virus ammettendo che "di tanto in tanto ci sono virus sulla Stazione Spaziale".

Non si sa quale sia stato il destino di questo virus, dato che Kaspersky non ha fornito dettagli sulle contromisure adottate dal team di sviluppo della ISS. Quel che è certo, tuttavia, è quanto riferì un rapporto di ExtremeTech nel 2008: un cosmonauta russo portò sulla ISS un lapdop infettato dal worm W32.Gammima.AG, che si sarebbe rapidamente diffuso su altri supporti della stazione anche in assenza di connessione Internet (verosimilmente attraverso chiavetta USB). Circostanza, questa, che secondo Kaspersky conferma il rischio di attacchi informatici anche in assenza di connessione e, dunque, di hacker che si inseriscono dall'esterno nei sistemi di sicurezza.

Il worm della ISS conferma la paura che nel 2010 agitò gli esperti quando venne rivelato Stuxnet, il virus che Usa ed Israele progettarono contro l'Iran e che, come da intenzioni, infettò una centrale nucleare fino a minaccia quella che all'epoca venne definita una "Chernobyl iraniana". Stuxnet sfuggì dal controllo, infettando diversi computer in tutto il mondo e anche ad una centrale nucleare russa. Anche in quell'occasione il virus veniva trasferito non solo via Internet, ma anche attraverso driver periferici come le chiavette USB. Kaspersky ha osservato che "ciò che si mette in circolo gira: quello che fai, diventa un boomerang".

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