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Covid 19

Il vaccino e non il lockdown ha abbattuto infezioni e ricoveri per Covid in Israele: lo studio

Mettendo a confronto i tassi di infezione e ricovero per Covid tra cittadini under e over 60, i dati epidemiologici relativi ai lockdown antecedenti e paralleli alla campagna vaccinale e i dati delle città che hanno ricevuto prima le dosi di vaccino con quelle che le hanno ricevute dopo, un team di ricerca guidato da scienziati del Weizmann Institute of Science di Rehovot ha dimostrato che in Israele è stata la campagna vaccinale ad abbattere contagi, ospedalizzazioni e decessi.
A cura di Andrea Centini
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Nel momento in cui stiamo scrivendo, sulla base della “mappa delle vaccinazioni” di Our World in Data, in Israele sono state somministrate 10,33 milioni di dosi di vaccino anti Covid. Tenendo presente che il Paese mediorientale ha una popolazione di poco meno di 9 milioni di abitanti, questo numero mostra quanto sia stata rapida, efficace e capillare la campagna vaccinale locale, considerata la più virtuosa in assoluto a livello mondiale. Complice è stato l'accordo stretto tra il governo israeliano e il colosso farmaceutico Pfizer, che in cambio della pubblicazione costante di dati scientifici ha garantito un'ampia fornitura di dosi del proprio vaccino BNT162b2/Tozinameran, sviluppato in stretta collaborazione con la società di biotecnologie tedesca BioNTech. Ad oggi, lunedì 19 aprile, circa il 60 percento della popolazione israeliana ha ricevuto entrambe le dosi previste e dunque è completamente immunizzata. Questo percorso ha determinato un vero e proprio crollo di nuovi contagi, ricoveri in ospedale e decessi, tanto che domenica 18 aprile il governo ha revocato l'obbligo di usare le mascherine all'aperto e ha riaperto tutte le scuole di ogni ordine e grado (non avveniva da settembre).

A sottolineare che questi risultati sono dovuti all'estesa campagna vaccinale e non al rigidissimo lockdown cui la popolazione israeliana è stata sottoposta recentemente è un team di ricerca guidato da scienziati del Dipartimento di Biologia Cellulare Molecolare del Weizmann Institute of Science di Rehovot, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Technion – Israel Institute of Technology di Haifa, del Dipartimento di Statistica e Ricerca Operativa dell'Università di Tel Aviv e del Rambam Health Care Campus. Gli scienziati, coordinati dai professori Malka Gorfine, Uri Shalit e Eran Segal, hanno condotto un'approfondita analisi retrospettiva sui dati raccolti dal Ministero della Salute israeliano tra il 28 agosto 2020 e il 24 febbraio 2021, concentrandosi sulle dinamiche temporali legate ai nuovi casi di COVID-19 e ai ricoveri dopo la campagna di vaccinazione, che ha avuto inizio il 20 dicembre 2020.

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Il professor Segal e i colleghi hanno fatto diversi confronti tra gruppi di dati per verificare se le curve epidemiologiche in miglioramento fossero frutto della campagna vaccinale e non di altre misure anti Covid come il già citato lockdown. Ad esempio, hanno messo a confronto i tassi di infezione e ricovero per coronavirus SARS-CoV-2 tra gli over 60 (vaccinati per primi) con quelli dei più giovani vaccinati in un secondo momento; hanno paragonato i dati legati al lockdown di settembre con quelli del lockdown avviato l'8 gennaio (in piena campagna vaccinale); e hanno confrontato i dati delle città che hanno ricevuto dosi per prime con quelle che le hanno ricevuto più avanti. Incrociando tutti i dati è emerso chiaramente che “una diminuzione più ampia e precoce dei casi di COVID-19 e delle ospedalizzazioni è stata osservata tra gli individui di età superiore ai 60 anni, seguiti dai gruppi di età più giovani, in base all'ordine di priorità della vaccinazione”, scrivono Segal e colleghi nell'abstract dello studio. “Questo modello – aggiungono gli esperti – non è stato osservato nel lockdown precedente ed è stato più pronunciato nelle città vaccinate precocemente. La nostra analisi dimostra l'effetto nella vita reale di una campagna di vaccinazione nazionale sulle dinamiche pandemiche”, concludono Segal e colleghi.

Credit: Nature Medicine
Credit: Nature Medicine

Gli autori dello studio spiegano che quando si verificano gli effetti dei vaccini, ci sono due forme complementari di valutazione. Una è l'efficacia del vaccino, che misura gli effetti diretti del farmaco in chi è stato vaccinato; l'altra è la misura dell'impatto complessivo della campagna vaccinale sull'intera popolazione, chiamata “impatto del vaccino”. In base ai dati raccolti, è emerso che la prima forma in Israele ha dimostrato un'efficacia del 51% a 13-24 giorni dopo la prima dose e di oltre il 90 percento a 7 o più giorni dalla seconda dose. Per quanto concerne l'impatto del vaccino sulla popolazione, l'efficacia è risultata essere del 46% a 14-20 giorni dalla prima dose e del 92% a 7 o più giorni dalla seconda dose. Entro il 7 gennaio 2021, spiegano gli autori dello studio, circa il 70 percento della popolazione con più di 60 anni era già stato vaccinato con la prima dose o era guarito, arrivando gradualmente fino all'88,5% (prima dose) e all'81% (con entrambe le dosi) entro il 24 febbraio. Come mostrano i grafici riportati nell'articolo, tra il 15 gennaio e il 24 febbraio è stata osservata una significativa diminuzione di infezioni e ricoveri proprio nella fascia over 60, maggiore rispetto a quella osservata tra gli under 60 vaccinati in una seconda fase. “Una diminuzione del 45% contro una del 28% nella percentuale di test positivi e del 68% contro una del 22% nei ricoveri rispetto al picco è stata osservata negli individui di età pari o superiore a 60 anni rispetto a individui di età compresa tra 20 e 39 anni”, si legge nello studio israeliano.

Credit: Nature Medicine
Credit: Nature Medicine

L'analisi ha inoltre rivelato che, dopo più di 2 mesi dall'avvio della campagna vaccinale, quando l'85% degli individui di età superiore a 60 anni erano già vaccinati con due dosi (24 febbraio 2021), si è registrato un calo di circa il 77% dei casi, un calo del 45% della percentuale di test positivi, un calo del 68% delle ospedalizzazioni e uno del 67% dei ricoveri gravi rispetto ai valori del picco. “Sebbene molti altri fattori oltre ai vaccini possano aver influenzato questi risultati, diverse osservazioni suggeriscono che è probabile che questi modelli siano guidati, in misura considerevole, dai vaccini”, spiegano gli autori dello studio. Tali differenze sono state evidenziate anche mettendo a confronto i dati dei lockdown (prima e durante la campagna vaccinale) e quelli delle città che hanno ricevuto prima le dosi con quelle che le hanno ricevute dopo. “Nel complesso, mostriamo un'analisi di dati su larga scala del mondo reale provenienti da Israele che dimostrano l'efficacia della campagna di vaccinazione nazionale. Sebbene i nostri risultati siano preliminari, hanno importanti implicazioni per la salute pubblica per la lotta contro la pandemia COVID-19”, concludono i ricercatori. I dettagli della ricerca “COVID-19 dynamics after a national immunization program in Israel” sono stati pubblicati sull'autorevole rivisya scientifica Nature Medicine.

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