Il vaccino COVID di AstraZeneca poco efficace contro i casi lievi e moderati di variante sudafricana
Il vaccino anti COVID di AstraZeneca ha un'efficacia minima nel prevenire i casi lievi e moderati dell'infezione scatenata dalla variante sudafricana del coronavirus SARS-CoV-2. Lo dimostrano i dati preliminari di uno studio del Wits Vaccines and Infectious Diseases Analytics (VIDA) dell'Università del Witwatersrand (Johannesburg), che sta sperimentando in Sudafrica il vaccino AZD1222 (noto anche con il nome di ChAdOx1) messo a punto dalla casa biofarmaceutica britannico-svedese, in stretta collaborazione con lo Jenner Institute dell'Università di Oxford e con l'azienda di biotecnologie italiana Advent-Irbm di Pomezia. Mancano ancora indicazioni sulla protezione contro la forma grave della COVID-19, la malattia provocata dal patogeno emerso in Cina. A causa di questi dati poco rassicuranti, il governo sudafricano ha deciso di sospendere temporaneamente la campagna vaccinale contro il coronavirus, che sarebbe dovuta partire a breve proprio grazie al vaccino di Oxford (con un milione di dosi). Il ministro della Salute Zweli Mkhize ha dichiarato che il programma vaccinale con l'AZD1222 sarà tenuto in pausa fin quando non verrà fatta definitiva chiarezza sull'efficacia del farmaco, mentre sono stati stipulati accordi con altre case produttrici.
L'indagine condotta dagli scienziati dell'istituto VIDA ha coinvolto circa 2mila volontari sudafricani con un'età media di 31 anni; proprio a causa della giovane età dei partecipanti, generalmente legata a infezioni asintomatiche o comunque lievi (sebbene non manchino casi severi e anche letali), non è stato possibile stabilire se il vaccino di AstraZeneca protegga anche dalla forma grave della COVID-19 innescata dalla variante sudafricana, nota col nome di 501.V2 o B.1.351. “In questo studio non è stato possibile valutare la protezione contro malattie di grado moderato-grave, ospedalizzazione o morte, poiché la popolazione target era a basso rischio”, hanno dichiarato gli scienziati dell'Università del Witwatersrand in un comunicato stampa. In basi ai risultati dello studio, la protezione contro la forma moderata sarebbe di appena il 22 percento, dunque insoddisfacente (la ricerca deve essere ancora revisionata fra pari e i risultati pubblicati su una rivista scientifica). I creatori del vaccino sono tuttavia fiduciosi che l'AZD1222 possa proteggere dalla forma grave dell'infezione: “Potremmo non ridurre il numero totale di casi, ma c'è ancora protezione contro morti, ricoveri e malattie gravi”, ha dichiarato alla BBC la professoressa Sarah Gilbert, ricercatrice capo presso l'Oxford Vaccine Group.
A rassicurare gli scienziati ci sono anche i recenti risultati sul vaccino Ad26.COV2.S di Johnson & Johnson, che si basa su una tecnologia analoga a quello di AstraZeneca. In Sudafrica ha dimostrato un'efficacia del 57 percento nel proteggere dall'infezione, ma risulta sensibilmente superiore contro la forma grave e mortale della patologia. Queste indicazioni preliminari suggeriscono che la trasmissione del coronavirus potrebbe continuare a verificarsi anche nelle popolazioni vaccinate e in chi è stato infettato dal ceppo originale (o magari da un'altra variante), tuttavia si dovrebbero contenere in modo significativo i casi gravi e mortali. “Questo studio conferma che il coronavirus pandemico troverà modi per continuare a diffondersi nelle popolazioni vaccinate, come previsto, ma, considerando i risultati promettenti di altri studi condotti in Sudafrica, come quelli che utilizzano un vettore virale simile, i vaccini potrebbero continuare ad allentare la pressione sui sistemi sanitari prevenendo le malattie gravi”, ha dichiarato il professor Andrew Pollard, docente di Infezione e Immunità pediatrica e a capo della sperimentazione del vaccino di Oxford. Gli scienziati sono comunque già a lavoro su un vaccino aggiornato progettato per contrastare anche la diffusione della variante sudafricana; dovrebbe essere pronto entro il prossimo autunno.
La capacità elusiva della variante sudafricana 501.V2 o B.1.351, identificata per la prima volta nel mese di novembre, sarebbe legata a una specifica mutazione della proteina S o Spike del coronavirus SARS-CoV-2, chiamata E484K. Tale mutazione è stata riscontrata anche nella variante brasiliana e in alcuni casi della variante inglese. Contro quest'ultima, fortunatamente, diversi vaccini già approvati – come quello di AstraZeneca – o in via di approvazione risultano comunque ampiamente efficaci. Non resta che attendere i risultati definitivi delle ricerche condotte in Sudafrica, così come l'esito di una riunione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nella quale si discuterà approfonditamente del ruolo del vaccino di AstraZeneca nel contrasto alla variante sudafricana.