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Covid 19

Il progenitore del coronavirus “proCoV2” circolava in Cina già da ottobre 2019

Attraverso una sofisticata indagine di epidemiologia molecolare che ha permesso di ricostruire l'”albero genealogico” del coronavirus SARS-CoV-2, un team di ricerca guidato da scienziati dell’Università Temple di Philadelphia ha determinato che il progenitore del patogeno – chiamato proCoV2 – circolava in Cina già da ottobre del 2019. Quando esplosero i primi focolai a Wuhan era già diffuso nel mondo.
A cura di Andrea Centini
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Particelle di coronavirus su cellule coltivate in laboratorio. Credit: NIAID-RML
Particelle di coronavirus su cellule coltivate in laboratorio. Credit: NIAID-RML
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Alla data odierna, giovedì 6 maggio 2021, in base alla “mappa interattiva” dell'Università Johns Hopkins il coronavirus SARS-CoV-2 nel mondo ha contagiato oltre 155 milioni di persone e ne ha uccise 3,2 milioni (in Italia sono stati registrati 4 milioni di infezione complessive e 122mila decessi). Questa catastrofe sanitaria, sociale ed economica non è stata causata da un virus sempre uguale a sé stesso, ma da una moltitudine di lignaggi/varianti differenti originati dal ceppo originale, quello che ha compiuto il salto di specie dall'animale all'uomo, il cosiddetto spillover. Gli scienziati hanno scoperto che questo progenitore del SARS-CoV-2, chiamato proCoV2, circolava assieme ad alcune delle sue varianti già da ottobre 2019, mesi prima dell'identificazione del primo genoma in Cina chiamato Wuhan-1.

A descrivere il ruolo del proCoV2 è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati dell'Institute for Genomics and Evolutionary Medicine della Temple University di Philadelphia, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Center for Excellence in Genome Medicine and Research dell'Università King Abdulaziz University di Jeddah (Arabia Saudita). Gli scienziati, coordinati dal professor Sudhir Kumar, docente presso il Dipartimento di Biologia dell'ateneo statunitense, sono giunti alle loro conclusioni avvalendosi di una tecnica chiamato “analisi dell'ordine di mutazione”, ampiamente utilizzata nella ricerca contro il cancro. Essa si basa sull'analisi dei ceppi mutanti e sulla frequenza con cui le coppie di mutazioni appaiono insieme, dati grazie ai quali si può percorrere a ritroso la storia evolutiva del virus ricostruendone l'“albero genealogico” e identificare così il suo progenitore.

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Da quando è stato identificato il primo caso di infezione da SARS-CoV-2, quella del ceppo Wuhan-1 nel dicembre 2019, “ben oltre un milione di genomi di SARS-CoV-2 sono stati sequenziati in tutto il mondo, rivelando che il coronavirus sta mutando, anche se lentamente, a una velocità di 25 mutazioni per genoma per anno”, scrivono gli autori dello studio in un comunicato stampa. Ciò significa che il virus ha un tasso di mutazione di circa 2 mutazioni al mese. “Il grande numero di varianti emergenti, tra le quali quella del Regno Unito (B.1.1.7), la sudafricana (B.1.351), la sudamericana (P.1) e ora l'indiana (B.1.617), non solo ha sostituito i precedenti ceppi dominanti nelle rispettive regioni, ma minacciano ancora la salute mondiale a causa del loro potenziale di eludere i vaccini e le terapie di oggi”, hanno specificato il professor Kumar e i colleghi.

Gli scienziati sottolineano che a Wuhan si è verificato il primo evento di superdiffusione del virus, ma che esso circolava già da tempo in tutto il mondo (in Italia sin da dicembre 2019, prima di “esplodere” a febbraio 2020). “Abbiamo trovato l'impronta genetica del progenitore nel gennaio 2020 e successivamente in più infezioni da coronavirus in Cina e negli Stati Uniti. Il progenitore si stava diffondendo in tutto il mondo mesi prima e dopo i primi casi segnalati di COVID-19 in Cina”, ha dichiarato il coautore dello studio Sergei L K Pond.

Quando fu rilevato il primo caso in Cina erano già diffusi ceppi con almeno tre differenze nel patrimonio genetico (mutazioni) rispetto al proCoV2. Sulla base di delle indagini di epidemiologia molecolare è stato determinato che il progenitore è emerso in Cina, ma non sappiamo chi è il “paziente zero” – la persona contagiata per prima dal coronavirus – poiché il primo genoma individuato già divergeva sensibilmente dal proCoV2 originale. Come spiegato dagli esperti, i ceppi asiatici del coronavirus hanno “fondato l'intera pandemia”, ma le varianti emerse nel resto del mondo stanno infettando l'Asia molto di più, in questo momento. Oltre a non conoscere il paziente zero, non sappiamo nemmeno qual è la specie serbatoio, l'ospite intermedio che ha permesso di fare il salto di specie dall'animale all'uomo di un virus nato sicuramente nei pipistrelli ferro di cavallo. I dettagli della ricerca “An evolutionary portrait of the progenitor SARS-CoV-2 and its dominant offshoots in COVID-19 pandemic” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Molecular Biology and Evolution.

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