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Covid 19

Il plasma iperimmune non protegge i pazienti Covid da morte e complicazioni

Lo studio TSUNAMI condotto da Istituto Superiore della Sanità (ISS) e Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha dimostrato che il plasma iperimmune non riduce il rischio di aggravamento respiratorio e morte nei pazienti Covid con polmonite e compromissione ventilatoria (da lieve a moderata). I risultati sono in contrasto con quelli di un altro recente studio che aveva rilevato benefici significativi.
A cura di Andrea Centini
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Sin dall'inizio della pandemia, tra i trattamenti anti Covid più discussi vi è stato quello basato sul plasma iperimmune dei guariti/convalescenti, ovvero l'infusione di elevate concentrazioni di anticorpi neutralizzanti contro il coronavirus SARS-CoV-2. La tecnica, nota da moltissimo tempo per combattere le malattie infettive e approvata dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in contesti caratterizzati dalla mancanza di farmaci appropriati, negli ultimi mesi è balzata agli onori della cronaca internazionale a causa dei risultati contrastanti degli studi clinici sulla sua effettiva efficacia. L'ultima ricerca in ordine cronologico a “smontare” l'efficacia del plasma iperimmune è lo studio italiano TSUNAMI, condotto in collaborazione tra l'Istituto Superiore di Sanità (ISS) e l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). Nell'indagine sono stati coinvolti pazienti Covid con polmonite e compromissione ventilatoria (da lieve a moderata). Gli scienziati hanno dimostrato che il trattamento col plasma non offre benefici “in termini di riduzione del rischio di peggioramento respiratorio o morte nei primi trenta giorni”, come indicato in un comunicato stampa dell'AIFA.

Gli autori dello studio sono giunti a questa conclusione dopo aver analizzato gli esiti clinici di circa 500 pazienti ricoverati in una trentina di centri ospedalieri sparsi per lo Stivale (324 in Toscana, 77 in Umbria, 66 in Lombardia e 20 in altre Regioni). In 241 sono stati assegnati alla terapia anti Covid standard più il trattamento con "plasma da convalescente ad alto titolo di anticorpi neutralizzanti" – il plasma iperimmune -, mentre in 246 alla sola terapia standard. I due gruppi di pazienti erano associati per dati demografici e patologie pregresse (comorbilità), per rendere quanto più uniforme possibile il risultato. Lo studio clinico TSUNAMI è stato inoltre di tipo randomizzato e controllato. Incrociando tutti i dati, come indicato, è emerso che il plasma iperimmune non ha offerto benefici in termini di aggravamento della COVID-19 e di mortalità a 30 giorni dal trattamento. “Solo nel caso di pazienti con insufficienza respiratoria meno grave è stato osservato un beneficio legato al plasma che, tuttavia, non ha raggiunto una significatività statistica”, si legge nel comunicato stampa. Alla luce di questi e altri risultati contrastanti, gli scienziati suggeriscono che la terapia basata sul plasma iperimmune potrebbe fornire benefici nei pazienti con COVID-19 “lieve – moderata” e quando somministrata nelle primissime fasi della malattia. In pratica, in ottica preventiva e non come vera e propria cura per i pazienti che hanno già una forma severa dell'infezione, per la quale non sono appunto stati osservati benefici. Il trattamento è ben tollerato, specifica l'AIFA, sebbene il maggior numero di effetti collaterali sia stato osservato proprio nel gruppo trattato col plasma.

I risultati dell'indagine italiana giungono a poca distanza dalla pubblicazione dello studio “Clinical and laboratory evaluation of patients with SARS-CoV-2 pneumonia treated with high-titer convalescent plasma” guidato da scienziati dell'Hackensack University Medical Center del New Jersey, che è giunto a conclusioni completamente diverse. Mettendo a confronto gli esiti clinici di 51 pazienti con polmonite da COVID trattati con plasma iperimmune con quelli del gruppo di controllo (trattato con la sola terapia standard), gli scienziati guidati dai professori Michele L. Donato e David S. Perlin hanno osservato per i primi una riduzione nel tasso di intubazione e un tasso di sopravvivenza sensibilmente superiore, sia per i pazienti ventilati meccanicamente che per quelli che non ne ne avevano bisogno. I risultati, dunque, sono in netto contrasto con quelli dello studio TSUNAMI, sebbene condotto con un campione più piccolo e con criteri differenti. Saranno necessarie ulteriori indagini per determinare in modo chiaro e definitivo l'impatto terapeutico del plasma iperimmune.

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