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Il più antico vitigno mediterraneo è stato scoperto in Sardegna

Lo studio dell’Università di Cagliari.
A cura di Redazione Scienze
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È una delle eccellenze di cui l'Italia può vantarsi: il vino è un simbolo del nostro Paese, del suo clima dolce, della sua agricoltura che vanta prodotti dalla qualità inarrivabile. Come tutte le tradizioni, il vino e la viticoltura vantano una storia antichissima: storia che, oggi, possiamo dire di conoscere un po' meglio nei suoi particolari grazie al lavoro degli archeobotanici del Centro Conservazione Biodiversità (CCB) dell’Università di Cagliari, autori di uno studio pubblicato da Vegetation History and Archaeobotany che illustra come l'origine più remota del vino vada ricercata in Sardegna, almeno per quanto riguarda la sua diffusione nel Mediterraneo Occidentale.

Una storia di naviganti del Mediterraneo

Opinione comune, fondata su dati storici ed archeologici, è che la vite domestica fosse stata introdotta nell'area del Mediterraneo Occidentale dai Fenici: successivamente i Romani avrebbero dato grande impulso a coltivazioni di tale tipo, potenziando ulteriormente il commercio del vino. La scoperta di un vitigno che veniva coltivato dalla civiltà nuragica sembra invece destinata a riscrivere questo capitolo della storia del vino. Il ritrovamento di oltre 15.000 semi di vite nel sito nuragico di  Sa Osa (Cabras), dei quali il radiocarbonio ha stabilità un'età pari a circa 3.000 anni e coincidente quindi con una fase di grande ricchezza dell'antica cultura della Sardegna, ha consentito di stabilire che la viticoltura, così come la intendiamo noi, era già perfettamente conosciuta all'epoca sull'isola e, quindi, in questa zona del Mediterraneo.

Per intenderci, la presenza fenicia in Sardegna, che pure costituì una parte importante della storia locale lasciando importanti testimonianze archeologiche, è attestata a partire dal IX-VIII secolo, al tempo dei primi contatti commerciali con i villaggi nuragici costieri. Il vitigno in questione dovrebbe risalire, quindi, ad un periodo precedente a quest'epoca: appartenente alla cultivar a bacca bianca, mostra delle relazioni con le varietà di vernacce e malvasia a tutt'oggi coltivate nelle aree della Sardegna centro-occidentale.

Vitigni selvatici e coltivati

I ricercatori hanno lavorato per oltre dieci anni alla caratterizzazione dei vitigni autoctoni della Sardegna e sui semi provenienti dagli scavi diretti dagli archeologi della Sopraintendenza per le province di Cagliari e Oristano e dell'Università di Cagliari. Innovative tecniche di analisi di immagine computerizzata messe a punto dagli stessi studiosi, in collaborazione con la Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia, hanno consentito di realizzare esami approfonditi utili a conseguire l'importante risultato. Ad esempio, sfruttando funzioni matematiche che analizzano forme e dimensioni dei semi di vite, confrontando poi i dati morfometrici dei semi provenienti dagli scavi con quelli delle attuali cultivar ma anche delle popolazioni selvatiche della Sardegna: si è così riusciti a ricostruire i legami "familiari" tra la vite coltivata e quella selvatica che cresce spontaneamente sull'isola.

[Immagine di apertura via Wikipedia]

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