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Il pensiero positivo? Ebbene, potrebbe essere negativo

Sfatato il mito sul “pensiero positivo” che aiuterebbe ad avere migliori risultati nella vita: non solo non è così, ma questo atteggiamento cela non pochi pericoli.
A cura di Nadia Vitali
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Dimenticate ed abbandonate stereotipi e frasi fatte con cui amici e parenti hanno cercato di consolarvi nei momenti di difficoltà. Credevate che il pensiero positivo fosse, se non proprio una panacea per ogni male, quanto meno un modo fortemente funzionale per evitare guai, problemi, mortificazioni, dolori ed eventi disastrosi? Ebbene, varie ricerche, i cui frutti sono pubblicate dalla rivista Scientific American, sembrerebbero dimostrare esattamente il contrario: il pensiero positivo non solo non è un modo per aggirare e risolvere le situazioni spiacevoli ma, anzi, può anche generare non pochi problemi, in alcuni casi.

Quando negli anni '90 un gruppo di eminenti psicologi, guidati da Martin E. P. Seligman dell'Università della Pennsylvania, iniziò ad occuparsi proprio della "psicologia positiva", forse non si immaginava ancora a quali conclusioni si sarebbe arrivati. Disciplina ancora in crescita, iniziò a considerare, osservare e valutare, le cause e le conseguenze di atteggiamenti legati alla felicità, alla forza e alla virtù, alla resistenza, in correlazione, anche, con la salute fisica. Già nel 1990 Seligman aveva sottolineato in un suo testo come l'ottimismo poteva essere un fattore negativo, nel momento in cui tendeva a distorcere la realtà o, comunque, a non vederla con la dovuta chiarezza.

E il discorso non si ferma qui: è stato messo in luce come, effettivamente, il dato per cui le persone che godono di buona salute e sono ottimiste, seppur realistico, non ci informa, nella fattispecie, di quale sia la causa e quale l'effetto, giacché una vita con ottima salute e lunga, potrebbe essere un ottimo fattore per divenire ottimisti e non, necessariamente, viceversa. Per di più, entrambe le caratteristiche, ottimismo e buona salute, potrebbero essere, semplicemente, dirette conseguenze di un terzo fattore, ovvero una forte quantità di energia e forza, che certamente influirebbe positivamente sull'esistenza sia mentale sia fisica di qualunque individuo.

Una rosea visione del mondo, del resto, potrebbe non essere l'atteggiamento più appropriato a tutte le persone: del resto si sa abbastanza per certo che, in alcuni casi, lo stress, una giusta dose di insicurezza o di fatalismo, la capacità di prevedere sempre le proprie probabilità di fallimento, senza lasciarsi natualmente travolgere dalla negatività, sono delle ottime spinte per motivare chiunque, basti pensare alla carriera scolastica ed universitaria della maggior parte dei ragazzi. Julie Norem, psicologa del del Wellesley college ha inoltre messo in luce come i pessimisti, privati delle proprie naturali "difese" che sono i loro stessi atteggiamenti pessimistici, costretti magari a "tirarsi su", incontrano poi maggiori difficoltà nello svolgere i propri compiti. Del resto gli stessi pessimisti sono quelli che corrono minori rischi di scivolare in atteggiamenti depressivi dopo eventi tragici come la morte.

Chiaramente il pensiero positivo dei vantaggi indiscutibili li porta, aiuta ad espandere i propri orizzonti e ad avere un approccio curioso nei confronti delle novità ma, semplicemente, può non essere valido ed ugualmente funzionale per tutti: in tanti proprio dalle difficoltà e dalle situazioni scomode, traggono le necessarie energie per poter agire nel migliore dei modi. Del resto un atteggiamento estremamente ottimista che ignori i pericoli della vita, non è che controproducente. Che insegnamento trarre, dunque? Che non è importante essere a tutti i costi Pollyanna, se non si è in grado: la felicità, come gli studi hanno dimostrato, è un concetto, in verità slegato dall'ottimismo, ed è la strada che va ad ogni modo sempre seguita.

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