Il nuovo farmaco anti Alzheimer appena approvato è un anticorpo monoclonale: come funziona
Il morbo di Alzheimer è la principale forma di demenza al mondo e si stima ne soffrano decine di milioni di persone, 500mila delle quali in Italia. Si tratta di una patologia neurodegenerativa per la quale ad oggi non esiste ancora una cura, ma solo farmaci in grado di ridurre – temporaneamente – i sintomi caratteristici, dalla perdita di memoria alle difficoltà nel linguaggio e nell'orientamento. L'Alzheimer è responsabile di un progressivo e inesorabile declino cognitivo. I meccanismi patologici scatenanti non sono ancora del tutto compresi, ma è sicuramente coinvolto l'accumulo di proteine “appiccicose” (le placche di beta amiloide e la proteina tau) nel tessuto cerebrale, che determina la morte dei neuroni e dunque la neurodegenerazione. Come indicato, non esistono farmaci efficaci nel bloccare o invertire la progressione dell'Alzheimer, ma ora Food and Drug Administration (FDA) americana ha appena approvato un nuovo e promettente trattamento, che potrebbe offrire concreti benefici ai milioni di persone che soffrono di demenza.
Il medicinale in questione è l'Aducanumab, un anticorpo monoclonale – venduto col nome commerciale di Aduhelm – che ha il virtuoso obiettivo di colpire direttamente le placche di beta amiloide accumulate nel cervello. Di conseguenza, riducendo le concentrazioni di queste proteine, punta a rallentare il processo neurodegenerativo e a migliorare la cognizione. L'autorizzazione da parte della FDA, legata a un processo di approvazione accelerato, non è stata tuttavia scevra da perplessità e contestazioni, dovute all'incompletezza dei dati degli studi clinici forniti dall'azienda produttrice, l'americana Biogen. In parole semplici, nei trial è stato sì dimostrato che l'Aducanumab è in grado di ridurre l'accumulo delle placche di beta amiloide nel cervello dei pazienti, tuttavia non è chiaro se questo processo assicuri effettivamente un miglioramento generale della memoria e degli altri disturbi cognitivi.
Basti pensare che nel mese di novembre uno dei comitati consultivi della FDA aveva affermato che i risultati degli studi di Biogen non erano stati in grado di dimostrare un miglioramento dei sintomi dell'Alzheimer, pertanto non avrebbe dato l'ok all'approvazione dell'Aducanumab. Questo è stato solo l'ultimo “incidente di percorso” sulla strada che ha portato all'approvazione della FDA. Nel 2019, ad esempio, due studi clinici furono interrotti anzitempo poiché un'analisi intermedia aveva previsto il loro probabile fallimento. Ciò nonostante l'analisi dati continuò da parte di Biogen e in un sottogruppo di pazienti il farmaco risultò effettivamente in grado di ridurre i livelli di beta amiloide nel tessuto cerebrale, oltre a evidenziare alcuni benefici cognitivi, come un miglioramento nelle proprietà di linguaggio e mnemoniche. Il comitato consultivo che analizzò questi dati e quelli di altre sperimentazioni (una avanzata, una allo stadio iniziale) concluse che c'erano troppe lacune per l'approvazione del farmaco, ma i funzionari della FDA hanno invece ritenuto validi i risultati dello studio di Fase 3 presentati dall'azienda. Così, dopo aver fatto slittare la decisione dal 7 marzo al 7 giugno di quest'anno, alla fine si è deciso di dare il benestare alla commercializzazione. Ma con riserva.
A causa dei dati considerati comunque incompleti, infatti, la FDA ha richiesto espressamente a Biogen di continuare con studi di follow-up dopo la distribuzione del farmaco, monitorando i pazienti che si sottopongono alla terapia (basata su infusioni mensili) attraverso specifici esami, come risonanze magnetiche e test cognitivi. Va anche tenuto presente che non ci sono dati sufficienti sull'Aducanumab per i pazienti con la forma grave dell'Alzheimer. Nonostante questi limiti, dopo i fallimenti ripetuti di altri farmaci ci sono comunque speranze che l'anticorpo monoclonale di Biogen possa apportare significativi benefici ai pazienti. Basti sapere che si tratta del primo nuovo farmaco autorizzato contro la diffusa forma di demenza dal 2003, quando l'FDA approvò la memantina per uso orale. “C'è stato un notevole dibattito pubblico sull'opportunità di approvare Aduhelm. Come spesso accade quando si tratta di interpretare i dati scientifici, la comunità di esperti ha offerto prospettive diverse”, ha dichiarato in un comunicato stampa la dottoressa Patrizia Cavazzoni, direttrice del Center for Drug Evaluation della FDA – Research. “L'Agenzia ha concluso che i benefici di Aduhelm per i pazienti con malattia di Alzheimer superano i rischi della terapia”, ha concluso la scienziata. Non resta che attendere l'immissione in commercio (che non ha ancora una data) e i risultati dei fondamentali studi di follow-up.