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Il gigante della discordia

Con la sua altezza superiore a due metri e mezzo, Charles Byrne, nel XVIII secolo, fu un fenomeno da baraccone. A tutt’oggi attorno alle sue spoglie, custodite in un museo, è in atto una controversia tra chi sostiene che quel corpo “da freak” debba restare a disposizione della scienza e del museo e chi vorrebbe dare al gigante irlandese la sepoltura che lo sventurato uomo desiderò quando era ancora in vita.
A cura di Nadia Vitali
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Con la sua altezza superiore a due metri e mezzo, Charles Byrne, nel XIX secolo, fu un fenomeno da baraccone. A tutt'oggi attorno alle sue spoglie, custodite in un museo, è in atto una controversia tra chi sostiene che quel corpo da freak debba restare a disposizione della scienza e chi vorrebbe dare al gigante irlandese la sepoltura che lo sventurato uomo desiderò quando era ancora in vita.

Il triste destino da freak che il corredo genetico aveva in serbo per Charles Byrne fu accompagnato dalla circostanza di vivere in un tempo in cui la diversità fisica era considerata dalla moda un'attrazione, qualcosa che andava ammirato tenendosi ad una debita distanza come dimostrazione dei casi talvolta assurdi ed incomprensibili di una natura ancora sconosciuta, per molti versi. Accadde così che quel ragazzo nato nel 1761 divenne un «fenomeno da baraccone» a causa della sua altezza fuori dall'ordinario di circa due metri e mezzo.

Byrne aveva appena 20 anni, poco più o poco meno, quando lasciò la sua contea di Londonderry, nel Nord dell'Irlanda: accolto nella grande metropoli, Londra, le sue caratteristiche gli valsero immediatamente la fama e anche la ricchezza. Diventato rapidamente l'idolo della città, venne tuttavia sopraffatto dalla celebrità; in poco tempo cadde preda del vizio dell'alcol ed una volta venne rapinato di tutti i suoi averi, circa 700 sterline, proprio mentre era ubriaco in una locanda, come attestarono le cronache del tempo. Inconsolabile, spento da quell'assurdo successo e, soprattutto, tormentato dai suoi disturbi di salute, morì un mese dopo nel suo appartamento di Charing Cross nel 1783: il gigante irlandese era vissuto solo 22 anni.

Ora Charles Byrne è tornato a far parlare di sé a causa dell'interesse che la sua storia ha suscitato in Len Doyal professore emerito all'Università di Londra Queen Mary ed in Thomas Muinzer, della Queen's University di Belfast. In un recente articolo pubblicato sul British Medical Journal i due sottolineano quali fossero state le ultime volontà che quell'uomo, dal destino infelice, aveva espresso ai suoi amici: che il suo corpo «diverso» venisse chiuso in una cassa e che questa fosse gettata tra i flutti, affinché fosse sepolto in mare. Una richiesta che, con tutta probabilità, discendeva dalla paura che i suoi resti finissero sezionati sul lettino di un laboratorio, dove un anatomista avrebbe indagato fin nei suoi più intimi misteri; timori alimentati, forse, anche dal retroterra religioso.

E, invece, i voleri di Byrne non vennero rispettati e il suo corpo fu acquistato da un chirurgo chiamato John Hunter che sborsò centinaia di sterline per accaparrarsi il gigante irlandese, tutt'ora esposto all'Hunterian Museum of the Royal College of Surgeons a Londra. Ed ecco che la battaglia di Doyal e Munizer ed altri accademici per dare una degna sepoltura a quel corpo trova un nemico ostinato proprio nei responsabili del museo che rivendicano la sua presenza nelle sale.

La controversia in atto nasce proprio dall'etica che una scelta come quella di tenere ancora sotto vetro il povero Byrne sembrerebbe in parte non rispettare, anche se è pur vero che, da allora, sono passati più di due secoli. Non resta, dunque, che attendere per sapere come si evolverà la questione e se, finalmente, il gigante irlandese avrà l'agognata sepoltura o se potremo ancora ammirarlo in tutta la sua enormità in un museo inglese.

Certamente non si può dire che quelle ossa fuori dal comune non siano, in qualche modo, tornate utili alla ricerca scientifica: all'incirca un anno fa, un team composto da alcuni ricercatori britannici e tedeschi sostenne di aver estratto da un dente il DNA di Byrne, riscontrando in esso una rara mutazione in un gene che causa, in chi ne è affetto, il tumore all'ipofisi: la ghiandola pituitaria, così, secerne quantità eccessive di ormone della crescita, originando il gigantismo, qualora la neoplasia si sviluppi in età prepuberale; se, invece, la malattia si scatena in età adulta ne deriva un disturbo chiamato acromegalia che comporta l'ingrandimento progressivo di ossa, mani, piedi, labbra ed anche organi interni. Gli scienziati trovarono anche quattro famiglie tuttora viventi nell'Ulster portatrici del gene mutato in cui, nel corso degli anni, erano nati diversi «giganti» e persone affette di disturbi della crescita. Insomma, Charles Byrne ha già posto molte domande alla scienza e dato, di contro, numerose risposte: se anche per lui fosse giunta l'ora del riposo?

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