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Il disgusto ha sei ‘facce’ e ci servono per sopravvivere

Sottoponendo 75 immagini e scenari potenzialmente disgustosi a 2.500 volontari, un team di ricerca britannico ha fatto emergere le sei categorie di disgusto che riducono i rischi di farci ammalare. Fra esse il cibo deteriorato, gli animali vettori di patologie – come i topi – e i comportamenti sessuali a rischio.
A cura di Andrea Centini
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Esistono sei principali categorie di disgusto che ci proteggono dagli agenti patogeni e da altre minacce in grado di scatenare malattie infettive. Le ha catalogate un team di ricerca del Dipartimento di controllo delle malattie della London School of Hygiene and Tropical Medicine. Gli studiosi, coordinati dalla professoressa Val Curtis, hanno sottolineato che esse si sono evolute negli animali sotto la spinta della selezione naturale, promuovendo i comportamenti atti a ridurre il rischio di infezione.

Le sei categorie sono le seguenti:

1 – Aspetto atipico, come ad esempio una deformità nella simmetria del corpo. Ma anche tosse e respiro sibilante.

2 – Lesioni, alla stregua di ferite con pus, pustole, vesciche e altri segni di malattia visibili ad occhio nudo.

3 – Comportamenti sessuali considerati a rischio

4 – Igiene, che comprende i cattivi odori e comportamenti come defecare o vomitare in pubblico.

5 – Cibo marcescente che mostra segni di deterioramento

6 – Animali e insetti vettori di malattie infettive come topi, zecche e zanzare

Per farle emergere, Curtis e colleghi hanno coinvolto 2.500 volontari – principalmente britannici e americani – presentando loro una galleria composta da 75 immagini e scenari rivoltanti, da giudicare attraverso una scala che andava dal “non fa provare disgusto” a “disgusto estremo”. Fra le varie proposte, la leccata di un cane randagio; un vicino di areo che vomita davanti a noi; puntini rossi sui genitali di un partner sessuale; la condivisione di un deodorante roll-on; lavorare al fianco di una persona con un'infezione all'occhio che lacrima; l'incontro con una persona con lesioni cutanee infette e via discorrendo.

Dall'analisi statistica dei dati i ricercatori sono riusciti a determinare le sei categorie, veri e propri “domini” che sono strutturati attorno alle persone, agli oggetti e alle pratiche che aumentano il rischio di scatenare l'infezione. In parole semplici, l'evoluzione ci ha plasmati per tenerci lontani da determinati atti – come toccare le ferite di una persona infetta – al fine di ridurre il rischio di infezione e garantirci una maggiore sopravvivenza. “Anche se sapevamo che l'emozione del disgusto era un bene per noi – ha sottolineato l'autrice principale dello studio – qui siamo stati in grado di verificarla a fondo e dimostrare che è strutturata, che riconosce e risponde alle minacce di infezione per proteggerci”.

Curiosamente, le donne hanno valutato le immagini e gli scenari proposti dai ricercatori più disgustosi degli uomini, mentre ferite infette esposte e i cattivi odori scatenano più disgusto delle altre condizioni. I dettagli della ricerca britannica sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Philosophical Transactions of the Royal Society.

[Credit: adonyg]

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