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Covid 19

Il coronavirus riduce la materia grigia nel cervello, anche nei pazienti colpiti dalla Covid lieve

Mettendo a confronto le scansioni cerebrali di pazienti contagiati dal coronavirus SARS-CoV-2 e non, un team di ricerca internazionale guidato da scienziati del Wellcome Centre for Integrative Neuroimaging (WIN) dell’Università di Oxford ha dimostrato che la COVID-19 può ridurre il volume della materia grigia nel cervello. Ciò può verificarsi anche nei pazienti colpiti dalla forma lieve dell’infezione.
A cura di Andrea Centini
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Pur essendo un patogeno respiratorio, il coronavirus SARS-CoV-2 è in grado di colpire direttamente o indirettamente quasi ogni tessuto del nostro organismo, come dimostrano gli studi sui pazienti che hanno perso la vita o sono sopravvissuti alla COVID-19. Anche il cervello può essere coinvolto, alla luce dei diffusi sintomi neurologici identificati nei contagiati: essi spaziano dalla perdita dell'olfatto (anosmia) alla famigerata “nebbia cerebrale”, passando per ictus, encefalite, compromissione della coscienza e molti altri ancora. Secondo uno studio italiano coordinato da scienziati della Clinica Neurologica III dell’Ospedale San Paolo – ASST Santi Paolo e Carlo e del Centro di ricerca “Aldo Ravelli” dell’Università Statale di Milano, il 75 percento dei pazienti Covid che si presenta al Pronto Soccorso ne presenta almeno uno. Ora una nuova ricerca ha determinato che il patogeno pandemico è in grado di ridurre anche il volume della materia grigia nel cervello; l'aspetto più inquietante è che questa perdita di tessuto cerebrale si verifica anche in coloro che hanno sperimentato la forma lieve dell'infezione. Ciò alimenta i dubbi sulle conseguenze a lungo termine del contagio, anche in chi sviluppa sintomi in apparenza solo leggeri.

A determinare che il coronavirus SARS-CoV-2 è in grado di ridurre il volume della materia grigia nel cervello è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati britannici dell'FMRIB Centre – Wellcome Centre for Integrative Neuroimaging (WIN) dell'Università di Oxford, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Dipartimento di Pediatria, dell'Istituto Nazionale per le Malattie Mentali dei National Institutes of Health di Bethesda (Stati Uniti), del Big Data Intitute e dello UK Dementia Research Institute and Department of Brain Sciences dell'Imperial College di Londra. Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Gwenaëlle Douaud, docente presso il Dipartimento di Neuroscienze Cliniche “Nuffield” dell'ateneo inglese, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato scansioni cerebrali effettuate prima e durante la pandemia di COVID-19. In tutto sono stati coinvolti poco meno di 800 pazienti, 394 dei quali sopravvissuti all'infezione da SARS-CoV-2 e 388 non entrati in contatto col patogeno pandemico (abbinati per età, etnia, genere, etnia e data delle scansioni cerebrali)

Incrociando i dati ottenuti dalla UK Biobank la professoressa Douaud e i colleghi hanno osservato che i pazienti che avevano contratto la COVID-19 hanno mostrato una significativa riduzione della materia grigia del cervello rispetto agli altri. Le regioni coinvolte sono il giro paraippocampale sinistro; la corteccia orbitofrontale laterale sinistra; l'insula sinistra; il cingolo anteriore; il giro sopramarginale e il polo temporale. Le aree maggiormente interessate sono quelle corticali limbiche “che sono direttamente collegate al sistema olfattivo e gustativo primario”, hanno scritto gli autori dello studio. Poiché la materia grigia è legata alla memoria, alle emozioni, al controllo dei movimenti e ai sensi, una sua alterazione può determinare effetti significativi dal punto di vista neurologico. Uno dei rischi a lungo termine della COVID-19, spiegano gli esperti, potrebbe essere una maggiore predisposizione al rischio di demenza.

Fino ad oggi gli studi di questo genere sono stati condotti su pazienti con la forma moderata e grave della COVID-19, mentre la nuova indagine internazionale ha coinvolto perlopiù persone con la forma lieve dell'infezione. Secondo gli studiosi non si può escludere che il virus attacchi il sistema nervoso centrale direttamente, passando attraverso la mucosa olfattiva e il bulbo olfattivo. In precedenza lo studio “Alterations of frontal-temporal gray matter volume associate with clinical measures of older adults with COVID-19” pubblicato sulla rivista scientifica specializzata Neurobiology of Stress aveva evidenziato una riduzione simile della materia grigia nei pazienti Covid. I dettagli della nuova indagine “Brain imaging before and after COVID-19 in UK Biobank” sono stati caricati sul database MedrXiv, in attesa della revisione fra pari e la pubblicazione su una rivista scientifica.

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