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Covid 19

Il coronavirus può provocare seri danni al cervello anche quando i sintomi respiratori sono lievi

Analizzando i casi di 43 pazienti contagiati dal coronavirus SARS-CoV-2, un team di ricerca britannico ha determinato quanto possano essere gravi e frequenti i danni neurologici innescati dalla COVID-19, l’infezione provocata dal patogeno. Gli scienziati sono preoccupati per le conseguenze a lungo termine, che potrebbero coinvolgere milioni di persone.
A cura di Andrea Centini
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A circa sette mesi dalla scoperta del coronavirus SARS-CoV-2 gli scienziati devono ancora comprenderne a fondo le caratteristiche, come combatterlo e quali sono tutte le conseguenze dell'infezione che provoca, chiamata COVID-19. Sempre più indagini cliniche indicano che il patogeno, pur essendo di tipo respiratorio, colpisce in modo trasversale tutto l'organismo, con potenziali danni a organi diversi dai polmoni, in particolar modo cuore e cervello. Per quanto concerne il sistema nervoso, un nuovo studio ha mostrato la sorprendente frequenza e la gravità delle patologie neuropsichiatriche e neurologiche che il coronavirus può innescare, anche quando i sintomi polmonari sono lievi. Si spazia dal delirio con allucinazioni all'encefalomielite acuta disseminata (ADEM), passando per ictus, gonfiore cerebrale e altri danni, che possono portare a paralisi, invalidità permanente e morte.

A evidenziare il significativo impatto neurologico comportato dalla COVID-19 è stato un team di ricerca britannico guidato da scienziati dello University College London e dell'Ospedale Nazionale di Neurologia e Neurochirurgia di Londra, che hanno collaborato con i colleghi dell'Università di Liverpool, del King's College Hospital, dell'Imperial College di Londra e di altri istituti. I ricercatori, coordinati dal professor Michael S. Zandi, docente presso il Queen Square Institute of Neurology, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato i casi di 43 pazienti contagiati, con un'età compresa tra 16 e 85 anni. Sono stati tutti ricoverati presso il nosocomio londinese tra il 9 aprile e il 15 maggio scorsi.

I pazienti, come specificato nell'abstract dello studio, hanno manifestato le seguenti condizioni: in 10 sono stati osservati delirio e psicosi; in 12 sindromi infiammatorie tra le quali encefalite ed encefalomielite acuta disseminata (in ben 9 pazienti), presentatasi anche con emorragie, necrosi e mielite; in 8 segni di ischemia, associati a uno stato pro-trombotico (quattro avevano tromboembolia polmonare); in 8 sono stati evidenziati disturbi neurologici periferici, sette dei quali con la sindrome di Guillain-Barré, “la più frequente forma di polineuropatia acquisita dovuta a una lesione acuta del nervo”, spiega l'Istituto Humanitas, che aggiunge come la patologia possa evolvere fino alla “paralisi totale e all'insufficienza respiratoria”; infine 5 dei pazienti avevano vari disturbi cerebrali che non rientravano nelle categorie sopraindicate.

Il professor Zandi, intervistato dal Guardian, ha sottolineato che le gravi condizioni neurologiche si presentavano anche in pazienti con una “malattia polmonare banale”; ciò significa che in alcuni soggetti il coronavirus riusciva ad aggredire meglio – direttamente o indirettamente – il tessuto cerebrale, piuttosto che quello polmonare. Il gonfiore cerebrale poteva essere associato anche a delirio con allucinazioni; una donna di 55 anni, ad esempio, dopo essere stata dimessa dall'ospedale poiché giudicata guarita dal coronavirus, una volta tornata a casa ha iniziato a comportarsi in modo strano, mettendosi e togliendosi continuamente il cappotto, e dicendo al marito di vedere scimmie e leoni nelle stanze.

A sorprendere i medici sono stati soprattutto i casi di encefalomielite acuta disseminata (ADEM), una rara condizione che colpisce principalmente bambini legata a infiammazione e demielinizzazione del sistema nervoso centrale. Se prima della pandemia di coronavirus i medici dell'Ospedale Nazionale di Neurologia e Neurochirurgia di Londra diagnosticavano circa un caso di ADEM al mese, con la diffusione del patogeno hanno iniziato a osservare in media 3 casi a settimana, spesso associati ad alterazioni emorragiche. Significativi anche gli ictus, che come già evidenziato da uno studio precedente condotto da scienziati del Mount Sinai Beth Israel Hospital di Manhattan (New York), si verificano anche in pazienti giovani e perfettamente in salute, a causa dei coaguli di sangue che la COVID-19 può innescare.

Zandi e colleghi sono preoccupati per il fatto che molti disturbi cerebrali possano manifestarsi lentamente dopo l'infezione, dunque nel giro di un anno potrebbero esserci milioni di persone con deficit, invalidità e varie conseguenze cerebrali a lungo termine. Al momento, del resto, sono state ufficialmente contagiate dal coronavirus circa 12 milioni di persone (ma si pensa siano molto di più), mentre la pandemia è ancora in accelerazione e non ha raggiunto il picco, come specificato dall'OMS. Si potrebbe verificare una situazione simile a quella emersa dopo la pandemia di influenza spagnola, che anni dopo provocò oltre un milione di casi di encefalite letargica. I dettagli della ricerca “The emerging spectrum of COVID-19 neurology: clinical, radiological and laboratory findings” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Brain.

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