Il coronavirus impiega tra i 2 secondi e i 2 minuti per evaporare dalle superfici
Poiché il contatto con una superficie contaminata dal coronavirus SARS-CoV-2 è una potenziale via di trasmissione della COVID-19, l'infezione causata dal patogeno, sapere quanto esso sopravvive all'interno delle goccioline depositate nell'ambiente rappresenta un'informazione molto preziosa. Studi in tal senso vengono condotti sin da quando la pandemia ha iniziato a diffondersi a Wuhan, alla fine dello scorso anno. L'Organizzazione Mondiale della Sanità, ad esempio, nella pagina dedicata alle domande e alle risposte sul coronavirus sottolinea che il SARS-CoV-2 “può sopravvivere fino a 72 ore su plastica e acciaio inossidabile, meno di 4 ore su rame e meno di 24 ore sul cartone”, mentre nel recente documento dell'Istituto Superiore di Sanità (ISS) chiamato “Raccomandazioni ad interim sulla sanificazione di strutture non sanitarie nell’attuale emergenza COVID-19: superfici, ambienti interni e abbigliamento” si afferma che il patogeno può resistere fino a quattro giorni sulle superfici interne delle mascherine, e fino a sette su quelle esterne. Ma sono tutti risultati sperimentali, e non è detto che l'RNA virale rilevato sia infettivo.
Oltre che dal materiale della superficie interessata, naturalmente la sopravvivenza del patogeno è strettamente connessa a diversi fattori ambientali, tra i quali i più significativi sono la temperatura e l'umidità. Com'è noto il virus viaggia nel droplet e negli aerosol espulsi da naso e bocca dei pazienti contagiati, quando starnutiscono, tossiscono o semplicemente parlano, e le goccioline rilasciate possono depositarsi sulle superfici e contaminarle. La pulsantiera di un bancomat, la maniglia di una porta, lo schermo di uno smartphone, il carrello della spesa e moltissimi altri oggetti sono dunque un potenziale veicolo della COVID-19. A far luce sul tempo di evaporazione delle goccioline depositate nell'ambiente è un nuovo studio condotto dai due scienziati Rajneesh Bhardwaj e Amit Agrawal, entrambi ricercatori presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica dell'Istituto di Tecnologia Indiano a Bombai. Gli scienziati si sono concentrati sui tempi di evaporazione delle goccioline in sei città: Chicago, Los Angeles, Miami, New York, Singapore e Sydney.
I due studiosi hanno determinato che, in generale, a 25° C il tempo di evaporazione è di soli 6 secondi per le goccioline più piccole, mentre sale a 27 secondi per quelle di grandi dimensioni. A 40° C, tuttavia, il tempo praticamente si dimezza (poco più di 2 secondi per le prime, e circa 13 per le seconde). Un fattore particolarmente impattante sulla resistenza è l'umidità. Quando l'umidità relativa è inferiore al 20-30 percento, virus con uno strato lipidico protettivo come il SARS-CoV-2 sopravvivono a lungo se sono sospesi in aria, ma il discorso è diverso quando si trovano nelle goccioline depositate su una superficie. Da un'umidità del 10 percento a una del 90 percento, infatti, è stato determinato che il tempo di evaporazione di una grossa gocciolina può aumentare di ben 7 volte, superando i due minuti. Dunque la sopravvivenza spazia da un paio di secondi a circa 2 minuti. Alla luce di questi risultati, il rischio di trasmissione attraverso il contatto con una superficie contaminata (e il successivo tocco delle mani su occhi, naso o bocca) risulterebbe particolarmente ridotto nelle aeree con temperature elevate, proprio per la strettissima finestra di sopravvivenza del virus. I dati epidemiologici suggeriscono che il tasso di crescita della pandemia è stato superiore proprio nelle città in cui il tempo di evaporazione delle goccioline è risultato più lungo.
Bhardwaj e Agrawal, che si sono avvalsi di un modello matematico consolidato per i propri calcoli, hanno inoltre osservato che il tempo di evaporazione delle goccioline può aumentare del 60 percento se è coinvolta una superficie idrofoba, come ad esempio lo schermo di uno smartphone. Pertanto gli autori dello studio raccomandano di disinfettare più spesso superfici di questo genere – così come il cotone e il legno – rispetto a vetro e acciaio, poiché queste ultime sono sufficientemente idrofile ed eventuali goccioline evaporano più velocemente. Lavarsi le mani con acqua e sapone per 40-60 secondi o con una soluzione idrolacolica per 20-30 secondi rappresenta una delle principali "armi" per spezzare la catena dei contagi. I dettagli della ricerca indiana sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Physics of Fluids.