Il coronavirus ha avuto un’origine naturale: “Nascosto tra gli animali per decenni”
In un lungo editoriale pubblicato sull'autorevole rivista scientifica Nature è stata riassunta buona parte delle informazioni genetiche ed evolutive relative al coronavirus SARS-CoV-2, mettendo assieme i tasselli di una storia lunga decenni che giunge a una sola conclusione: il patogeno responsabile della COVID-19 ha avuto un'origine naturale e non è stato creato in laboratorio. Quest'ultima teoria sta tuttavia raccogliendo sempre più consensi tra il grande pubblico, non solo grazie al terreno fertile trovato sul web, ma anche per la “spinta” della Casa Bianca, col Presidente Donald Trump e il Segretario di Stato Mike Pompeo che hanno annunciato di avere le "prove" sull'origine artificiale del SARS-CoV-2.
Nonostante gli annunci dell'amministrazione americana, la comunità scientifica procede tuttavia compatta, sottolineando che non c'è alcuna evidenza della creazione del virus in laboratorio, e che tutti i dati lasciano intravedere l'origine naturale, esattamente come avvenuto per i coronavirus della SARS (Severe acute respiratory syndrome, sindrome respiratoria acuta grave) della MERS (Middle East Respiratory Syndrome, sindrome respiratoria mediorientale). Questi patogeni e il nuovo coronavirus fanno parte infatti della famiglia dei betacoronavirus, condividono un'ampia parte del profilo genetico – ben l'80% tra SARS-CoV e SARS-CoV-2 – e nella forma ancestrale circolavano tutti nei pipistrelli, animali che ospitano naturalmente un gran numero di patogeni.
In base a quanto riportato da Nature, il primo coronavirus sarebbe nato tra i 10mila e i 300milioni di anni fa, dal quale successivamente sono derivate dozzine di ceppi, sette dei quali in grado di infettare l'uomo. Quattro sono responsabili del comune raffreddore, dei quali OC43 e HKU1 provenienti dai roditori e 229E e NL63 dai pipistrelli. Gli altri tre, tutti legati ai mammiferi alati, sono proprio quelli responsabili di SARS, MERS e COVID-19. Il SARS-CoV-2 condivide ben il 96 percento del proprio profilo genetico con quello di un coronavirus presente in un pipistrello della famiglia Rinolophus che vive in una caverna dello Yunnan, tuttavia, nonostante la notevole somiglianza, presenta una componente della Proteina S o Spike (che usa per invadere le cellule umane attraverso il recettore ACE2) affine a quella rilevata nel pangolino, un mammifero portato sull'orlo dell'estinzione per la sua carne e le squame, utilizzate nella medicina tradizionale asiatica. Si ritiene che il pangolino sia la specie intermedia che ha permesso il passaggio del patogeno all'uomo. Poiché i virus possono balzare tra una specie e l'altra attraverso le mutazioni, e trovano terreno fertile nei mercati umidi dove gli animali selvatici vengono ammassati e macellati (con pus, sangue e deiezioni che si mescolano), è verosimile che il patogeno sia passato dai pipistrelli al pangolino in un contesto del genere, fino a quando non si è determinato anche lo spillover, il passaggio all'uomo.
In base alla ricerca “Evolutionary origins of the SARS-CoV-2 sarbecovirus lineage responsible for the COVID-19 pandemic” citata da Nature e non ancora sottoposta a revisione paritaria, il lignaggio del coronavirus che ha portato allo sviluppo del SARS-CoV-2 si è separato più di 140 anni fa da quello che oggi si osserva nei pangolini, mentre negli ultimi 40-70 anni si è separato anche da quello dei pipistrelli, che ha perso la componente della Proteina S. Negli ultimi decenni il virus sarebbe dunque rimasto nascosto tra gli animali, sviluppando le mutazioni (casuali) che hanno favorito il passaggio all'uomo non appena se n'è presentata l'occasione. “Se osserviamo l’evoluzione del virus nei pipistrelli e cosa c’è là fuori adesso, le evidenze scientifiche indicano fortemente che il virus non avrebbe potuto essere manipolato in modo artificiale o deliberato”, ha dichiarato il dottor Anthony Fauci, infettivologo di fama internazionale e a capo della task force voluta dalla Casa Bianca per contrastare l'emergenza coronavirus.
Secondo il professor Rasmus Nielsen, biologo evoluzionista dell'Università della California di Berkeley, a causa dei processi di ricombinazione genetica verificatisi negli animali selvatici, in natura potrebbero esserci altri coronavirus portatori della Proteina S in grado di infettare l'uomo, e dunque di dar vita ad altre catastrofiche pandemie. Per questo motivo è fondamentale un attento monitoraggio della situazione e di tutti i fattori che potrebbero concorrere allo spillover. Non a caso in molti stanno chiedendo la chiusura dei mercati umidi come quello di Wuhan, dove si ritiene sia avvenuto il passaggio del virus all'uomo.