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Covid 19

Il coronavirus è “nato” nei pipistrelli: per l’80% è identico alla SARS

Due team di ricerca internazionali hanno determinato che il nuovo coronavirus emerso in Cina (2019-nCoV) condivide l’80 percento del profilo genetico con quello della SARS, un altro betacoronavirus. Inoltre hanno scoperto che il 96 percento dei geni è in comune con quelli dei coronavirus che circolano normalmente nei pipistrelli; ciò indica che il serbatoio d’origine siano proprio questi mammiferi volanti.
A cura di Andrea Centini
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Una volpe volante, una specie di pipistrello. Credit: Pixel-mixer
Una volpe volante, una specie di pipistrello. Credit: Pixel-mixer
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Gli scienziati hanno iniziato a fare chiarezza sulla provenienza e sulle caratteristiche del nuovo coronavirus emerso in Cina (2019-nCoV). In base a due nuovi studi appena pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature (qui e qui) è stato infatti determinato che il patogeno condivide l'80 percento del proprio profilo genetico con quello della SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome, sindrome respiratoria acuta grave); inoltre, entrambi i virus hanno avuto origine nei pipistrelli. Si tratta di informazioni preziosissime, dalle quali partire per sviluppare le contromisure con cui combattere l'infezione respiratoria. Ad oggi, infatti, non esistono né un vaccino (secondo gli esperti sarà probabilmente pronto fra molti mesi) né una cura, e i trattamenti sanitari previsti sono soltanto contro i sintomi e basati sulla terapia di supporto, laddove necessario.

A svelare i segreti del nuovo coronavirus sono stati due team di ricerca internazionali guidati da scienziati dell'Università di Fudan (Shanghai), dell'Istituto Marie Bashir per le malattie infettive e la biosicurezza dell'Università di Sydney (Australia) e dell'Istituto di Virologia di Wuhan, che fa capo all'Accademia Cinese delle Scienze. Gli studiosi, coordinati dai professori Zheng-Li Shi, Edward C. Holmes e Yong-Zhen Zhang, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver isolato i virus – come fatto anche dagli scienziati dello Spallanzani di Roma – dai campioni biologici prelevati dai pazienti e sequenziato i genomi. Dai virus estratti da sette pazienti, sei dei quali lavoratori del mercato del pesce di Wuhan nel quale si ritiene sia avvenuto il salto di specie da animale a uomo, i ricercatori guidati dal professor Zheng-Li Shi hanno determinato che il profilo genetico era identico fra i vari campioni al 70 percento, e che condividevano circa l'80 percento dei geni con quelli della SARS. Si tratta di una notizia potenzialmente molto positiva, poiché benché non siano stati sviluppati vaccini e trattamenti specifici contro questa malattia, tutto il lavoro fatto in laboratorio per la sperimentazione preclinica potrebbe essere sfruttato anche contro il coronavirus. Gli scienziati sottolineano inoltre che un anticorpo sviluppato nel cavallo, già utilizzato per combattere la SARS, sembra essere efficace anche contro 2019-nCoV.

Un altro dato significativo emerso dalle due ricerche è relativo al fatto che il nuovo patogeno risulta praticamente identico (dal punto di vista genetico) agli altri coronavirus che circolano normalmente nei pipistrelli, considerati il serbatoio di base dell'infezione. Gli studiosi guidati da Zheng-Li Shi hanno trovato una corrispondenza nei geni pari al 96 percento, mentre Holmes, Zhang e colleghi hanno mostrato che il nuovo coronavirus condivide l'89 percento dei geni con gli altri betacoronavirus, fra i quali figurano anche SARS e MERS. Sembra dunque che il nuovo coronavirus circolasse nei pipistrelli, e che a un certo punto ha compiuto il salto di specie. I ricercatori non sanno se ci sia stata o meno una specie intermedia che ha permesso di fare questo salto (per la SARS furono gli zibetti, per la MERS i dromedari), ma poiché hanno individuato un recettore al quale il nuovo coronavirus si lega in comune tra pipistrelli, esseri umani, maiali e zibetti, è molto probabile che tra essi figuri la specie che ha permesso di trasferire il virus a noi. Come specificato ai nostri microfoni dal virologo Fabrizio Pregliasco, queste patologie emergono più spesso nel Sud Est asiatico a causa del contatto più frequente con gli animali selvatici, amplificato dalla distruzione del loro habitat naturale e dalla vendita nei mercati, come quello di Wuhan.

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