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Covid 19

Il 16% delle vittime Covid italiane aveva un tumore: “Vaccinare ora i pazienti oncologici”

Tra le centomila persone uccise dal coronavirus SARS-CoV-2 in Italia, circa un sesto di esse (16mila) combatteva contro un tumore. Poiché i pazienti oncologici sono esposti a un rischio elevato di complicazioni e ospedalizzazione per la COVID-19, si raccomanda di dar loro priorità nella campagna vaccinale.
A cura di Andrea Centini
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Alla data odierna, lunedì 15 marzo, sulla base della mappa interattiva messa a punto dagli scienziati dell'Università Johns Hopkins il coronavirus SARS-CoV-2 ha contagiato (ufficialmente) circa 120 milioni di persone e ne ha uccise 2,6 milioni in tutto il mondo. Si tratta dei numeri legati ai sistemi di monitoraggio dei vari governi, tuttavia secondo gli esperti rappresentano un'ampia sottostima, in particolar modo per quel che concerne le infezioni, tenendo presente che in larga parte sono asintomatiche e paucisintomatiche (con sintomi lievi) e spesso fuggono alle maglie dei controlli. Per quanto concerne l'Italia, i dati ufficiali divulgati dal Ministero della Salute e dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS) indicano 2,6 milioni di contagi complessivi dall'inizio della pandemia di COVID-19 e circa 100mila morti. Fra essi, circa il 16 percento (16.000) erano persone colpite da una patologia oncologica.

Ad annunciare che 1/6 dei deceduti a causa dell'infezione da coronavirus SARS-CoV-2 aveva una storia di tumore/cancro è stata l'organizzazione ROPI, acronimo di Rete Oncologica Pazienti Italia, che durante un webinar ha sottolineato l'importanza di dare priorità nella campagna vaccinale alle persone che stanno combattendo contro le neoplasie. È noto infatti che i soggetti fragili e con comorbilità (malattie pregresse) sono esposti a un rischio significativo di sviluppare complicazioni potenzialmente fatali della COVID-19, l'infezione provocata dal patogeno pandemico. Alcuni tumori, inoltre, vengono trattati con terapie e farmaci in grado di sopprimere l'efficacia del sistema immunitario, che è fondamentale per contrastare l'invasione degli agenti patogeni responsabili delle malattie infettive, SARS-CoV-2 compreso. A causa delle maggiori probabilità di ospedalizzazione e complicanze, il governo ha deciso di dare priorità ai pazienti oncologici durante la secondo fase della vaccinazione.

“Ai pazienti onco-ematologici in trattamento con farmaci immunosoppressivi o mielosoppressivi, o che hanno sospeso i trattamenti da meno di sei mesi, le raccomandazioni aggiornate al 10 marzo hanno inserito in categoria 1 anche quelli con tumori maligni in fase avanzata non in remissione”, ha dichiarato la dottoressa Stefania Gori, presidente della ROPI. “Come Lilt – le ha fatto eco Francesco Schittulli, presidente Nazionale della Lega Italiana per la Lotta ai Tumori – abbiamo dichiarato la nostra disponibilità per l'esecuzione dei tamponi, abbiamo avuto modo di poter vaccinare le persone che frequentavano i nostri ambulatori, 397 su tutto il territorio nazionale, e abbiamo anche offerto la nostra disponibilità, se necessario a poter eseguire le vaccinazioni con il personale medico”. L'unico limite nella vaccinazione per questi pazienti vulnerabili, al momento, è legata alla disponibilità delle dosi. Entro il secondo trimestre del 2021, tuttavia, dovrebbero arrivarne a sufficienza per coprire tutti i soggetti a rischio e anche parte della popolazione generale.

In base ai bollettini diffusi dall'Istituto Superiore di Sanità (ISS), la maggior parte delle vittime della COVID-19 era anziana e aveva più patologie pregresse, ma ciò non significa affatto che la loro morte non sia stata prematura. Come ha dimostrato la recente ricerca “Causes of death and comorbidities in hospitalized patients with COVID-19” pubblicata sulla rivista prestigiosa rivista Scientific Report (circuito Nature) da scienziati dell’Istituto di Patologia dell’Ospedale Universitario della Charité di Berlino (Germania), è l'infezione da coronavirus SARS-CoV-2 a uccidere, non le malattie preesistenti. In altri termini, se questi pazienti non avessero contratto il virus non sarebbero morti. Non a caso si registrano vittime anche tra soggetti giovani che non avevano alcun problema di salute, seppur in percentuale sensibilmente inferiore. Tra le 100mila vittime italiane della COVID-19, il 16 percento con tumori avrebbe dunque potuto continuare a combattere e a vincere contro di essi, come del resto accade sempre più spesso per i pazienti oncologici grazie alle nuove terapie, sempre più efficaci e mirate.

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