Identificati i sei disturbi alimentari associati alla pandemia
Dall'inizio della pandemia il coronavirus SARS-CoV-2 ha contagiato – ufficialmente – quasi 137 milioni di persone nel mondo e ne ha uccise 3 milioni (ad oggi, in Italia, i contagi sono 3,8 milioni e i morti circa 115mila). Sono numeri catastrofici, che hanno avuto – e stanno avendo tuttora – un impatto sociale e sanitario devastante. Ma il prezzo della pandemia di COVID-19 non è solo strettamente legato alle infezioni: la diffusione del patogeno e le misure introdotte per contrastarlo, come i rigidi lockdown e le restrizioni alle libertà personali, stanno infatti determinando significativi problemi economici e un vero e proprio crollo della salute mentale, erosa da stress, ansia, depressione e disturbo da stress post-traumatico. Lo stravolgimento delle routine quotidiane, la nuova normalità fatta di privazioni e distanze da affetti e luoghi cari si riflette anche sul nostro comportamento a tavola, e i disturbi alimentari sono sempre più diffusi e pericolosi. Ricercatori americani hanno identificato sei distinti comportamenti associati a un'alimentazione malsana innescati proprio dalla pandemia. Si tratta di un problema estremamente serio, considerando che nei soli Stati Uniti i disturbi alimentari uccidono una persona ogni 52 minuti, oltre 10mila all'anno.
A condurre l'indagine un team di ricerca guidato da scienziati del Dipartimento di Psichiatria e Scienze Comportamentali e della Divisione di Epidemiologia presso la Scuola di Medicina dell'Università del Minnesota, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Sanford Center for Biobehavioral Research di Fargo (North Dakota). Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Melissa Simone, hanno analizzato i dati di oltre 700 giovani adulti americani (con un'età di 24,7 +/- 2 anni) che tra aprile e maggio 2020, in piena prima ondata della pandemia, hanno partecipato allo studio EAT, acronimo di Alimentazione e Attività nel Tempo. Si tratta di un progetto nato per analizzare i problemi legati al peso nei giovani che passano dall'adolescenza all'età adulta. Tutti i partecipanti hanno risposto a un questionario (chiamato C ‐ EAT, COVID‐19 EAT) dal quale sono stati valutati i cambiamenti alimentari innescati dalla diffusione del coronavirus.
Come indicato, la professoressa Simone e i colleghi hanno identificato sei differenti disturbi alimentari strettamente associati al disagio psicologico, allo stress, alla gestione dello stress, alle difficoltà economiche e all'insicurezza generale scaturiti dalla pandemia di COVID-19. Essi sono il mangiare e fare spuntini senza pensare; consumare più cibo del solito (abbuffarsi); la riduzione dell'appetito e dell'assunzione di cibo; il rifugiarsi nel cibo per far fronte al disagio; la riduzione dei pasti strettamente associata alle restrizioni della pandemia; e la ricomparsa o il peggioramento di disturbi alimentari pregressi. Come specificato dagli autori dello studio, lo stress estremo e i sintomi depressivi erano significativamente associati a maggiori probabilità di abbuffarsi. Dall'analisi statistica delle risposte, è emerso che l'8 percento dei giovani ha riferito comportamenti di controllo del peso particolarmente insalubri; il 53 percento ha riferito disordini alimentari meno estremi, mentre il 14 percento ha riferito di abbuffate.
“Le conseguenze economiche della pandemia di COVID-19 probabilmente persisteranno per molto tempo dopo la diffusione dei vaccini. Poiché i nostri risultati suggeriscono che difficoltà finanziarie moderate o gravi possono essere collegate a comportamenti alimentari disordinati, è essenziale che interventi preventivi sui disturbi alimentari e gli sforzi di trattamento devono essere convenienti, facilmente accessibili e ampiamente diffusi a coloro che sono a rischio elevato. In quanto tali, gli interventi online o basati su dispositivi mobili possono rivelarsi modalità efficaci e accessibili per sforzi di intervento mirati”, ha dichiarato la professoressa Simone in un comunicato stampa. I dettagli della ricerca “Disordered eating in a population‐based sample of young adults during the COVID‐19 outbreak” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata