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I resti di un gigante estinto dall’uomo sono riemersi in Russia: chi è la ritina di Steller

Dopo otto ore di scavi è stato riportato alla luce lo scheletro quasi completo di un’enorme ritina di Steller, un mammifero estinto nel 1768 a causa della caccia spietata dell’uomo. Sono bastati soltanto 27 anni per distruggere un’intera specie, cacciata per il suo grasso.
A cura di Andrea Centini
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Lo scheletro di una gigantesca vacca di mare di Steller o ritina di Steller (Hydrodamalis gigas) è stato trovato sulle Isole del Commodoro, un arcipelago prossimo alle Isole Aleutine sito nel cuore del gelido Mare di Bering, in Siberia. L'eccezionale reperto è stato individuato dalla dottoressa Maria Shitova, un'ispettrice della riserva naturale locale accortasi delle enormi costole dell'animale, che fuoriuscivano dal terreno come una sorta di curioso recinto. Dopo otto ore di scavi sono state riportate alla luce e in perfette condizioni ben 45 vertebre, 27 costole, una scapola sinistra e altre ossa sparse. Purtroppo manca la testa, ma lo scheletro è così ben conservato che molto presto finirà esposto in un museo.

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Questi animali furono scoperti nel 1741 dal naturalista tedesco Georg Wilhelm Steller, che li vide per la prima volta durante la missione “Great Northern Expedition” capitanata dal cartografo danese Vitus Bering. L'equipaggio naufragò sull'isola di Bering, e lo studioso ebbe tutto il tempo per annotare caratteristiche e comportamenti delle vacche di mare, che potevano raggiungere i 9 metri di lunghezza per 11 tonnellate di peso, sebbene alcuni ritengano che potessero arrivare a pesare anche oltre 25 tonnellate. Dal nuoto particolarmente lento, questi animali divennero ben presto una preda ambita dai cacciatori, che li sterminarono in soli 27 anni dalla scoperta. L'ultimo esemplare fu infatti ucciso nel 1768. A condannarli, la curiosità e il fatto che si avvicinavano all'uomo senza alcuna paura.

Le ritine di Steller appartenevano all'ordine dei cosiddetti sirenidi, grossi mammiferi acquatici ed erbivori i cui unici esemplari attualmente viventi sono il lamantino e il dugongo, anch'esse specie messe in pericolo dall'uomo. La parentela più vicina era proprio con il dugongo, che tuttavia è molto più piccolo, dato che raggiunge ‘appena' i tre metri di lunghezza. Le ritine di Steller venivano cacciate soprattutto per l'abbondante strato di grasso che le proteggeva dal freddo (arrivava fino a 10 centimetri di spessore), ma anche per la resistente cute, spessa 2,5 centimetri. Le analisi del DNA prelevato dai resti recuperati sulle Isole di Commodoro – la specie era endemica di queste acque – potrebbero aiutare gli scienziati del progetto scientifico “Revive&Restore”, col quale si spera di riportare in vita alcuni animali fatti estinguere dall'avidità umana, come il dodo e il tilacino. La ritina di Steller è uno di essi.

[Credit: The Siberian Time]

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