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I polmoni danneggiati possono essere “riparati” collegandoli ai maiali: la tecnica rivoluzionaria

Scienziati americani dell’Università Columbia di New York e dell’Università Vanderbilt hanno sviluppato una tecnica per recuperare polmoni considerati non trapiantabili poiché troppo danneggiati. Collegandoli ai maiali è possibile ottenere una rigenerazione efficace nell’arco di 24 ore. La tecnica potrebbe in futuro abbattere le liste d’attesa per i trapianti.
A cura di Andrea Centini
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Sei polmoni donati da pazienti dichiarati cerebralmente morti, dopo essere stati rifiutati da centri specializzati in trapianti poiché considerati inutilizzabili – erano infatti gonfi e pieni di liquido – sono stati recuperati e rivitalizzati da ricercatori grazie a una tecnica rivoluzionaria, che potrebbe porre fine alle lunghe liste d'attesa per ottenere uno di questi preziosi organi. Sono infatti molte le persone bisognose di un trapianto di polmoni che muoiono in attesa di una donazione compatibile, ma se sarà possibile rigenerare organi ad oggi considerati da scartare, il rapporto tra domanda e offerta potrebbe appianarsi con migliaia di vite salvate in più.

A mettere a punto l'innovativa tecnica “salva polmoni” è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati del Dipartimento di Ingegneria Biomedica dell'Università Columbia di New York e del Dipartimento di Chirurgia Toracica e Cardica dell'Università Vanderbilt di Nashville. I ricercatori, coordinati dai professori Gordana Vunjak-Novakovic e Matthew Bacchetta, rispettivamente docente di Ingegneria Biomedica e direttore della Chirurgia del Vanderbilt Lung Institute, hanno basato la propria tecnica su una già nota da diversi anni, chiamata perfusione polmonare ex vivo (EVLP), ideata da scienziati dell'Università di Toronto. In parole semplici, si collega il polmone parzialmente danneggiato a un ventilatore meccanico e lo si nutre attraverso la perfusione di una specifica soluzione, che permette la rigenerazione e la rivitalizzazione dei tessuti rovinati. I polmoni sono infatti delicatissimi, e spesso si riempiono di liquidi, si gonfiano e rompono molto facilmente. Grazie alla tecnica canadese è possibile ottenere un recupero dopo alcune ore di trattamento, ma non si può andare oltre le 6-8 ore.

A causa di questo limite, la procedura non è sufficiente per ricostruire polmoni molto rovinati, che magari presentano una polmonite, eliminabile attraverso un ciclo di trattamento di 24-48 ore. Ebbene, i professori Vunjak-Novakovic, Bacchetta e colleghi sono riusciti a prolungare i tempi della tecnica canadese, recuperando così polmoni considerati fino ad oggi da buttare. Come hanno fatto? Attraverso la circolazione incrociata di sangue tra il polmone del donatore e un ospite animale, nel caso specifico un maiale. In pratica, si inserisce il polmone umano danneggiato in un contenitore di plastica e lo si collega a una vena del collo di un maiale, che pompando sangue permette all'organo di riprendersi per il tempo necessario. Grazie a questa tecnica (chiamata circolazione incrociata xenogenica) gli scienziati sono riusciti a rigenerare i 6 polmoni rifiutati dai centri dei trapianti, mantenendo “integrità e recupero polmonare funzionale”. Durante le 24 ore di test hanno osservato miglioramenti significativi “nella vitalità cellulare, nella qualità dei tessuti, nelle risposte infiammatorie e, soprattutto, nella funzione respiratoria”. In altri termini, hanno recuperato polmoni da scartare.

Al momento si tratta solo di una procedura sperimentale e si è molto lontani dall'applicarla ai pazienti, ma gli scienziati americani sono molto soddisfatti dei risultati. L'obiettivo finale è sostituire l'ospite animale – che potrebbe presentare dei fattori di rischio durante la perfusione – con uno umano, direttamente chi deve ricevere il polmone danneggiato. Il polmone verrebbe collegato a una vena del collo per ottenere la rigenerazione, e non appena l'organo è recuperato si avviano le procedure per il trapianto. Ma saranno necessari ulteriori test per arrivare a questo risultato. I dettagli della ricerca “Xenogeneic cross-circulation for extracorporeal recovery of injured human lungs” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature Medicine.

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