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I pensieri negativi ricorrenti legati al rischio di Alzheimer, secondo uno studio

Sottoponendo circa 300 persone a test cognitivi, questionari psicologici e scansioni cerebrali, un team di ricerca internazionale ha trovato un’associazione tra pensieri negativi ricorrenti e segni che caratterizzano il morbo di Alzheimer, come il declino cognitivo e l’accumulo di placche di beta amiloide nel cervello. Non si esclude che lo stato psicologico possa fare da volano alla demenza, ma i risultati sono da confermare.
A cura di Andrea Centini
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I pensieri negativi ricorrenti potrebbero rappresentare una miccia in grado di innescare il morbo di Alzheimer, la principale forma di demenza che colpisce circa 50 milioni di persone nel mondo, 600mila delle quali soltanto in Italia. Pensare in modo ossessivo alle negatività, infatti, sembra essere associato al declino cognitivo e all'accumulo di placche di beta amiloide e di grovigli di proteina Tau nel cervello, tutte condizioni che caratterizzano la diffusa patologia neurodegenerativa.

A determinare l'associazione tra pensieri negativi ricorrenti e i segni distintivi della Malattia di Alzheimer è stata una squadra internazionale guidata da scienziati dello University College di Londra, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Centro “Studies on Prevention of Alzheimer's Disease” (StOP‐AD) del Douglas Mental Health University Institute di Montreal (Canada), dell'Università della Normandia (Francia) e del gruppo PREVENT‐AD Research Group. Gli scienziati, coordinati dalla professoressa Natalie L. Marchant, docente presso la Divisione di Psichiatria dell'ateneo britannico, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver analizzato i dati di uno studio di coorte con circa 300 partecipanti, tutte persone con età superiore ai 55 anni e in buona salute, ma che avevano un genitore o due fratelli con diagnosi di Alzheimer (e che dunque erano considerate a rischio).

Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a questionari approfonditi e a test in grado di valutare pensieri negativi ricorrenti, stato di ansia, depressione, capacità mnemoniche, concentrazione, linguaggio, cognizione generale e molto altro ancora. Sono stati inoltre sottoposti a scansioni cerebrali per valutare la “salute” del tessuto e dell'attività cerebrale, mettendo a confronto i risultati con quelli di decine di soggetti sani coinvolti nell'indagine chiamata “Multi-Modal Neuroimaging in Alzheimer's Disease (IMAP+)”. Dall'analisi dei dati è emerso che le persone che avevano un punteggio più elevato per i pensieri negativi ricorrenti, avevano anche segni di declino cognitivo più marcato, minore prontezza delle capacità mnemoniche e concentrazioni più elevate di proteine “appiccicose” nel tessuto cerebrale, in particolar modo nella corteccia entorinale, che fa parte dell'ippocampo.

Gli scienziati non sanno affatto se siano i pensieri negativi ricorrenti a favorire questi segnali associati alla demenza o se sia effettivamente il contrario, data la natura osservazionale dello studio, tuttavia si evidenzia una correlazione tra i due fattori che deve essere indagata più a fondo. Inoltre, le persone coinvolte nello studio erano già identificate come a rischio Alzheimer, pertanto bisogna capire l'impatto sulla popolazione generale. Attenzione inoltre a non confondere i pensieri negativi ricorrenti con un periodo negativo della propria vita, come specificato dagli studiosi; capita a tutti di sperimentare giornate difficili e rimuginare sulle negatività, a maggior ragione in un periodo di pandemia che ha scatenato problemi sanitari, economici e sociali enormi, ma il pensiero negativo ricorrente è una vera e propria condizione psicologica, che perdura da tempo e che impatta in modo significativo sulla qualità della vita.

In precedenza un'indagine durata 5 anni e condotta da scienziati del Brigham and Women's Hospital di Boston, legato all'Università di Harvard, aveva determinato che l'ansia crescente può rappresentare un sintomo precoce dell'Alzheimer, pertanto non c'è da stupirsi che anche un'altra condizione psicologica associata all'ansia e alla depressione possa giocare un ruolo nella più diffusa patologia neurodegenerativa. La ricerca “Repetitive negative thinking is associated with amyloid, tau, and cognitive decline” è stata pubblicata sulla rivista scientifica specializzata Alzheimer's & Dementia.

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