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Covid 19

I gatti positivi al coronavirus potrebbero essere molti più di quel che si crede

Effettuando test sierologici e tamponi a 102 gatti, un team di ricerca cinese ha rilevato anticorpi contro il coronavirus SARS-CoV-2 in 15 felini, dei quali 11 con anticorpi neutralizzanti. I gatti con le concentrazioni di immunoglobuline più elevate avevano un padrone affetto da COVID-19, ma fra essi figuravano anche gatti randagi. I numeri suggeriscono che i felini infettati durante la pandemia possano essere numerosi.
A cura di Andrea Centini
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I gatti infettati dal coronavirus SARS-CoV-2 potrebbero essere molti più di quel che si immagina. Benché infatti alcuni studi abbiano dimostrato che il patogeno emerso in Cina si replica bene nel tratto respiratorio dei felini, come la ricerca “Susceptibility of ferrets, cats, dogs, and other domesticated animals to SARS–coronavirus 2” coordinata dall'Istituto di Ricerca Veterinaria di Harbin e pubblicata sull'autorevole rivista scientifica Science, ad oggi la positività nei gatti è stata dimostrata soltanto in pochi esemplari. La ragione è semplice: i test diagnostici sono costosi e ancora carenti per le persone, pertanto non vengono usati a “tappeto” anche sugli animali domestici.

Un nuovo studio coordinato da scienziati dell'Università Huazhong di Agraria e dell'Istituto di Virologia di Wuhan ha tuttavia dimostrato che un numero significativo di felini può aver contratto il virus durante la pandemia. Gli scienziati, coordinati dai professori Zheng-Li Shi e Meilin Jin, sono giunti alla loro conclusione dopo aver condotto test sierologici, tamponi nasali e anali a 102 gatti tra gennaio e marzo di quest'anno. Nessuno degli animali è risultato positivo al coronavirus SARS-CoV-2 o aveva sintomi della malattia, tuttavia in 15 avevano anticorpi in concentrazioni rilevanti nel loro sangue. In 11 avevano anticorpi neutralizzanti. Ciò significa che avevano avuto l'infezione e sviluppato una robusta risposta immunitaria contro di essa. L'aspetto interessante risiede nel fatto che i tre gatti con i livelli più alti di anticorpi avevano come padroni pazienti cui era stata diagnosticata la COVID-19, l'infezione causata dal patogeno, tuttavia anticorpi neutralizzanti – cioè quelli teoricamente in grado di proteggere da una reinfezione – sono stati trovati anche in gatti che erano stati abbandonati (quattro esemplari) e in gatti ospitati presso rifugi per animali (altri quattro esemplari).

Lo studio “Transmission of SARS-CoV-2 in Domestic Cats” pubblicato sull'autorevole The New England Journal of Medicine da scienziati della Scuola di Medicina Veterinaria dell'Università del Wisconsin – Madison e dell'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive di Tokyo ha dimostrato che i gatti possono infettarsi fra di essi, mentre evidenze precedenti avevano determinato che l'uomo è in grado di infettare i felini. Nonostante queste premesse, i ricercatori cinesi non hanno potuto comprendere appieno l'origine dell'infezione nei gatti randagi, ipotizzando che possano essere stati infettati entrando in contatto con l'ambiente contaminato dal SARS-CoV-2, oppure da persone che si prendevano cura di loro. Alla luce di queste considerazioni, Zheng-Li Shi e colleghi sottolineano che i pazienti con COVID-19 dovrebbero mantenere il distanziamento fisico anche dai propri animali domestici (cani compresi), e che sarebbe opportuno stabilire “misure igieniche e di quarantena per quegli animali ad alto rischio”.

Un altro dato interessante emerso dall'indagine risiede nelle reazioni alle infezioni nei felini, che sono risultate assimilabili a quelle provocate da altri coronavirus stagionali che colpiscono questi animali; ciò suggerisce che i gatti “rimangono a rischio di reinfezione”. I dettagli della ricerca “A serological survey of SARS-CoV-2 in cat in Wuhan” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Emerging Microbes & Infections.

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