I colori caldi ci piacciono più di quelli freddi e sappiamo descriverli meglio: ecco perché
Il nostro occhio riesce a distinguere milioni di colori, tuttavia siamo più bravi a descrivere quelli associati alle tonalità calde – come il rosso – piuttosto che quelli legati a tonalità fredde, come il blu e il verde. In altri termini, abbiamo molte più parole per dettagliare i colori nella parte calda dello spettro rispetto a quelle per la parte fredda. Curiosamente, non si tratta di una questione prettamente biologica, ma vi è una predominanza dell'aspetto culturale legato alle necessità comunicative. Basti pensare che in alcune lingue di tribù primitive, che vivono in ambienti con tonalità fredde, vengono contemplate soltanto tre categorie di colore, ovvero nero, bianco e rosso, mentre in quelle delle società industrializzate, dove suddividere i colori ha una maggiore utilità, si può arrivare anche a dodici.
Un team di psicologi cognitivi dell'autorevole Massachusetts Institute of Technology (MIT) e del National Eye Institute (NEI) ha indagato sulla questione coinvolgendo in una ricerca 40 membri della tribù degli Tsimane, che vive in una remota regione dell'Amazzonia boliviana e che ha sviluppato una lingua differente da quella dei gruppi circostanti. Gli Tsimane, già balzati agli onori della cronaca per essere il popolo con il “cuore più forte del mondo”, sono stati scelti perché sanno descrivere bene le tonalità nere, rosse e bianche, ma hanno difficoltà con quelle del verde e del blu. L'esempio più calzante è quello del cielo; per gli Tsimane non è azzurro come lo è per noi.
Ai 40 partecipanti è stato chiesto di nominare e ordinare 80 colori diversi, e dai risultati è emersa la superiore (e attesa dai ricercatori) capacità di descrizione per quelli caldi. Lo stesso schema è stato rilevato in altre 110 lingue nel mondo non industrializzato, grazie a un'indagine condotta dal World Color Survey. Per confermare questa sorta di predilezione per le tonalità calde, gli studiosi hanno analizzato un set di 20mila immagini raccolte dalla Microsoft, e dallo studio dei pixel è emerso che i colori caldi erano sempre quelli in primo piano, con i più freddi sullo sfondo. “I colori caldi sono in primo piano, rappresentano tutte le cose con cui interagiamo e vogliamo parlare”, ha sottolineato il professor Edward Gibson, un autore della ricerca e docente di scienze cerebrali e cognitive presso il MIT.
Per un popolo come gli Tsimane, che vive in un ambiente con tonalità fredde, è probabilmente più utile saper distinguere e descrivere le tonalità calde; i ricercatori faranno dunque test anche con tribù che vivono in ambienti completamente innevati o in mezzo al deserto, per capire se anche in condizioni particolari emerge questa maggiore coerenza nel saper descrivere i colori caldi. I dettagli della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista scientifica PNAS.
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