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I batteri marini stanno iniziando a nutrirsi di plastica e, forse, ci stanno salvando

Le enormi quantità di rifiuti plastici presenti in mare sono soltanto un centesimo di quelle attese dai ricercatori. Un modello matematico suggerisce l’esistenza di batteri che hanno iniziato a decomporre la plastica per nutrirsi.
A cura di Andrea Centini
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Un team di ricerca dell'Università Pompeu Fabra di Barcellona ha determinato che alcuni batteri marini si stanno evolvendo e hanno iniziato a nutrirsi di plastica, un processo catalizzato dalle enormi quantità di materiali che gettiamo nei nostri mari e oceani ogni anno. Basti pensare che, secondo un recente studio dell'Università della Georgia, finirebbero in acqua ben otto milioni di tonnellate di plastica ogni dodici mesi. Non c'è dunque da stupirsi se si sono formate nel tempo vere e proprie isole oceaniche composte da rifiuti prodotti dall'essere umano, la più grande delle quali, la famigerata Pacific Trash Vortex, potrebbe avere un'estensione paragonabile a quella degli Stati Uniti d'America. Oppure che un'isola remota e disabitata come quella di Henderson, nel cuore del Pacifico, venga considerata la più inquinata del pianeta, per il semplice fatto di trovarsi sulla strada di una importante corrente oceanica (la South Pacific Gyre).

Gli studiosi, coordinati dal professor Ricard Sole, hanno verificato l'impatto di batteri in grado di decomporre la plastica attraverso una serie di modelli matematici, messi a punto perché i numeri “non tornavano”. Infatti, benché, le quantità di plastica gettate in mare siano elevatissime, gli effetti visibili sono sì catastrofici, ma non paragonabili a quelli attesi. Ciò che vediamo rappresenterebbe soltanto un centesimo delle quantità di plastica che dovremmo trovare. I ricercatori spiegano che possono esserci diverse ragioni per cui questi numeri non combaciano, tuttavia i batteri divoratori di plastica sembrano l'ipotesi più probabile, confermata dai modelli matematici e non solo. Lo scorso anno, infatti, sono stati scoperti batteri in grado di decomporre legami molecolari del polietilene tereftalato (PET), una resina termoplastica utilizzatissima per conservare prodotti alimentari. Questi microorganismi possono decomporre in sei settimane ciò che l'oceano degraderebbe in 450 anni.

L'ipotesi sviluppata dagli studiosi catalani, tutta da dimostrare con dati effettivi, non deve tuttavia far abbassare la guardia sul tema dei rifiuti gettati in mare, che continuano a inquinare, avvelenare i pesci che mangiamo e a uccidere la fauna marina. Ad esempio, sono tantissimi i cetacei spiaggiati e morti tra atroci sofferenze a causa dello stomaco pieno di sacchi di plastica. La soluzione definitiva al problema non può dunque trovarsi nei batteri o in altre forme di vita in grado di divorare questo materiale, come le larve delle tarme della cera, una scoperta fatta per caso da una ricercatrice italiana. I dettagli dello studio sono stati pubblicati su bioRxiv.

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