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I bambini possono inalare le cellule cancerose della madre durante il parto e ammalarsi

Un team di ricerca giapponese guidato da oncologi pediatrici del National Cancer Center Hospital di Tokyo ha dimostrato che durante un parto naturale, se la madre è affetta da cancro alla cervice uterina può trasmettere le cellule malate al figlio. Gli scienziati hanno descritto i casi di due bimbi con cancro al polmone sviluppato proprio in seguito all’inalazione del liquido amniotico “contaminato” durante il parto.
A cura di Andrea Centini
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Nel diavolo della Tasmania (Sarcophilus harrisii), un mammifero marsupiale che vive in Australia, esiste una forma di cancro trasmissibile chiamato “devil facial tumour disease” o DFTD, una malattia talmente aggressiva – si trasmette attraverso le interazioni sociali – che si ritiene abbia dimezzato la popolazione selvatica di questi animali. Fortunatamente non esiste nulla di simile nell'uomo, e l'unica via naturale per la trasmissione di cellule cancerose “è attraverso la placenta emocoriale che è permissiva per il traffico cellulare”, si legge nell'articolo “Cancer cell transmission via the placenta”. In parole semplici, il cancro può essere trasmesso verticalmente tra madre e figlio (oltre che tra due gemelli in utero), ma si tratta di casi rarissimi e sfortunati, nell'ordine di due ogni milione di nati. Ora è stato dimostrato una madre può trasmettere il cancro al figlio anche durante il parto naturale, nel caso in cui fosse affetta da cancro alla cervice uterina. Durante il passaggio nelle vie genitali, infatti, il bambino può inalare il fluido amniotico entrato in contatto con le cellule malate, che una volta entrate nell'apparato respiratorio possono “attecchire” e innescare una neoplasia.

A dimostrare che un bambino può contrarre il cancro durante il parto naturale è stato un team di ricerca giapponese guidato da medici e scienziati di vari dipartimenti del National Cancer Center Hospital di Tokyo, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Scuola di Medicina dell'Università Jikei, dell'Ospedale Internazionale di San Luca e del Dipartimento di Pediatria dell'Università Toho e della Scuola di Medicina dell'Università di Hokkaido. Gli autori dello studio, coordinati dall'oncologo pediatrico Ayumu Arakawa, sono giunti alle conclusioni dopo aver studiato i casi di due bambini maschi, destinati a entrare nella storia della letteratura scientifica. Entrambi i piccoli, uno di 23 mesi e l'altro di 6 anni, hanno sviluppato un cancro al polmone, e le indagini genetiche hanno mostrato che a causarlo sarebbero state le cellule cancerose presenti sulla cervice delle madri al momento del parto.

Entrambi i bambini hanno fortunatamente superato la terribile malattia, ma come indicato da Arakawa e colleghi nel case report, non è stato un percorso semplice. Al bimbo di 23 mesi è stata asportata una parte del polmone malato, mentre per il bambino di 6 anni è stato necessario rimuovere l'intero polmone sinistro. Entrambi sono stati sottoposti a prolungati cicli di chemioterapia, che com'è noto hanno significativi effetti collaterali. Purtroppo entrambe le madri dei bambini sono decedute. A quella del più piccolo era stato diagnosticato il carcinoma alla cervice uterina quando aveva soltanto 35 anni, tre mesi dopo la nascita del figlio. La malattia si aggravò rapidamente e le metastasi raggiunsero i polmoni, il fegato e le ossa della giovane donna, uccidendola. Nel caso della madre del bimbo di 6 anni, quando fu diagnosticato il tumore i medici lo considerarono non pericoloso, ma non era così. Tempo dopo fu sottoposta a un esteso intervento chirurgico per la rimozione dell'utero, delle ovaie e delle tube di Falloppio, ma non fu sufficiente. Morì due anni dopo.

L'analisi del profilo genetico dei tumori dei bimbi ha mostrato che entrambi avevano un'origine materna; mancavano infatti di cromosoma Y (presente nelle cellule maschili) e anche le mutazioni e gli alleli osservati corrispondevano con quelli del cancro materno. Entrambe le donne erano state contagiate dal papillomavirus umano (HPV), un patogeno noto per causare il tumore alla cervice uterina, ma per il quale esiste un vaccino estremamente efficace. È noto che la 35enne non lo aveva fatto, così come molte altre donne giapponesi. Secondo i ricercatori le prove della trasmissione del cancro dalla madre al figlio sono significative. “Il pattern peribronchiale della crescita del tumore in entrambi i bambini suggerisce che i tumori derivino dalla trasmissione vaginale madre-neonato attraverso l'aspirazione di fluidi vaginali contaminati dal tumore durante la nascita”, hanno scritto gli autori dello studio. “Nei nostri due pazienti, i tumori sono stati osservati solo nei polmoni e sono stati localizzati lungo i bronchi. È probabile che le cellule tumorali materne fossero presenti nel liquido amniotico, nelle secrezioni o nel sangue dalla cervice e siano state inalate dai bambini durante il parto vaginale”, hanno scritto Arakawa e colleghi.

Alla luce di questi risultati, gli autori dello studio non solo consigliano a tutte le donne di sottoporsi al vaccino contro l'HPV – in Australia è partito un programma gratuito per debellare il cancro alla cervice uterina – ma indicano ai colleghi che il taglio cesareo deve essere la forma raccomandata di parto per tutte le donne con una storia di carcinoma alla cervice. I dettagli del case report “Vaginal Transmission of Cancer from Mothers with Cervical Cancer to Infants” sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica The New England Journal of Medicine.

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