404 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
Covid 19

Guariti dal coronavirus, ecco cosa sappiamo sul recupero

Quando si guarisce dal Covid-19? Cosa vuol dire essere guariti dall’infezione e quante sono le persone già guarite? Cosa succede quando il virus scompare? Un report pubblicato dalle principali testate internazionali riporta le osservazioni più salienti di medici ed esperti di tutto il mondo.
A cura di Valeria Aiello
404 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Ad oggi, sebbene a livello globale ci siano ancora incertezze sul preciso numero di guariti dall’infezione da nuovo coronavirus (qui le ultime notizie e aggiornamenti in tempo reale sulla situazione), i dati indicano che “la maggior parte delle persone ricoverate per aver contratto il virus è guarita”. Lo evidenzia un report* pubblicato dalle principali testate internazionali e ripreso anche da Science Alert, una delle più autorevoli riviste online che da oltre un decennio si occupa di comunicazione scientifica basata sulle evidenze sperimentali. La relazione riporta le osservazioni più salienti di infettivologi ed esperti su quella che si potrebbe definire la “fase 2” della malattia, ovvero il recupero e il progressivo ritorno alla normalità delle persone che hanno sconfitto il virus.

Quante sono le persone già guarite?

Partiamo dai numeri. Come detto, dati alla mano, ci sono alcune divergenze sul conteggio delle guarigioni. “Sebbene nel mondo siano oltre 372mila le persone guarite dal Covid-19 – premette il rapporto – secondo il Dashboard del Center for System Science and Engineering (CSSE) realizzato dalla Johns Hopkins University (JHU), il numero reale di guariti è probabilmente più alto”. Al 13 aprile, infatti, la mappa dei contagi della JHU segna oltre 400mila guariti nel mondo. “Mentre la Johns Hopkins tiene traccia del numero di casi positivi e di morti come riportato da ciascuna nazione, i dati sulle guarigioni sono meno precisi perché molti Stati o Regioni non segnalano quanti dei loro residenti sono tornati in saluteInoltre, a causa della limitata disponibilità di tamponi in alcuni Paesi, inclusi gli Stati Uniti, viene data priorità alla diagnosi dei casi più gravi, per cui le persone che hanno sintomi lievi o che sono asintomatiche hanno meno probabilità di essere sottoposte al test. Questo significa che molte infezioni lievi non sono incluse nel conteggio dei casi totali o in quello dei guariti”.

Una precisazione in merito a questa discrepanza arriva dalla stessa JHU alla CNN. “I casi di guariti al di fuori della Cina – dice Douglas Donovan, portavoce della JHU, riferendosi alle oltre 372mila persone che ad oggi hanno sconfitto il Covid-19 – sono stime basate sui report di media locali e potrebbero essere sostanzialmente inferiori ai numeri reali”. Una discordanza che, per quanto riguarda invece la sottostima del contagio in considerazione del limitato numero di tamponi, può portare gli esperti a un’errata interpretazione dei dati sulla malattia e a previsioni non corrette in termini di curva dei contagi. “Conoscere il numero reale di contagi – spiega alla CNN il professor Bala Hota, docente di Malattie infettive e responsabile associato del Servizio Medico federale del Medical Center della Rush University di Chicago – sarebbe molto utile per avere migliori modelli di previsione su quando l’infezione raggiungerà il picco e il suo declino, e anche su quando potremo iniziare a riportare le persone al lavoro”.

In quanto tempo si guarisce dal Covid-19?

Molti pazienti, ha puntualizzato Hota alla CNN, mostrano “ancora una leggera tosse e si sentono stanchi anche quando vengono considerati guariti e non sono più contagiosi”. Il ritorno alla normalità può quindi richiedere diverso tempo. Secondo il dott. Mike Ryan, direttore esecutivo del Programma per le emergenze sanitarie dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sono necessarie “fino a sei settimane per riprendersi da questa malattia. Chi ha sofferto di un’infezione grave può avere bisogno di mesi per recuperare”. Un periodo che può variare a seconda del quadro clinico e della necessità o meno di ventilazione polmonare. “Quello che stiamo vedendo nei pazienti sottoposti a ventilazione  – spiega il dottor Randall Curtis dell’Harborview Medical Center dell’Università di Washington in un’intervista a US News & World Reportè che spesso hanno bisogno di questo supporto per diverse settimane e poi, una volta deconessi dal ventilatore, spesso richiedono il ricovero in terapia intensiva per diversi giorni prima di tornare nei normali reparti ospedalieri per circa una settimana”.

Quali sono le conseguenze del Covid-19?

Secondo il dottor Shu-Yuan Xiao, professore di Patologia della School of Medicine dell'Università di Chicago, la maggior parte dei pazienti con infezione lieve da Covid-19 dovrebbe riprendersi “senza alcun effetto duraturo” . Al contrario, i pazienti che sviluppano una malattia grave possono andare incontro a un decorso più complicato. Lo scorso marzo, le Autorità dell’ospedale di Hong Kong hanno riportato al South China Morning Post che “all’interno di un gruppo di 12 pazienti guariti, in 2-3 hanno mostrato una riduzione della capacità polmonare nelle visite mediche di follow-up […]. Le radiografie del torace di 9 pazienti hanno rivelato segni di danno del polmone”.

Per quanto il campione sia ritenuto “un piccolo gruppo di pazienti poco studiato” gli esperti conoscono bene quelle che sono le conseguenze delle malattie acute del polmone, come la sindrome del distress respiratorio acuto (ARDS), una forma di insufficienza respiratoria che può portare alla cicatrizzazione del tessuto polmonare. “È la stessa cosa che in genere accade con qualsiasi patologia che sia abbastanza grave da richiedere il ricovero in terapia intensiva” dice ad ABC News Amesh Adalja, esperto di malattie infettive del Johns Hopkins Center, ritenendo che i pazienti con malattia grave “potrebbero non recuperare mai la completa funzionalità polmonare”.

Cosa succede quando il virus scompare?

Altro capitolo è quello relativo ai guariti che hanno sviluppato una risposta immunitaria al virus, cioè gli anticorpi diretti contro il Sars-Cov-2. Anthony Fauci, l’immunologo statunitense di origini italiane a capo del National Institute of Allergy and Infectious Diseases che è stato chiamato dal presidente Donald Trump a far parte della task force della Casa Bianca contro il coronavirus, in un’intervista a The Daily Show ha dichiarato di essere “disposto a scommettere qualsiasi cosa sul fatto che i guariti dal Covid-19 siano davvero protetti da un nuovo contagio”. All’inizio di questa settimana ha inoltre aggiunto che, poiché il virus non sembra mostrare particolari mutazioni, le persone guarite saranno probabilmente immuni anche se negli Stati Uniti dovesse verificarsi una seconda ondata di contagi. “Se si è stati contagiati a febbraio e marzo, e poi si è guariti, credo che a settembre e ottobre quelle stesse persone che erano infette saranno protette”.

Per questi motivi sarà importante identificare la presenza della risposta immunitaria nei soggetti che sono stati già infettati dal virus attraverso i test sierologici che un gruppo di aziende, tra cui l’italiana Diasorin, sta per rendere disponibili per la ricerca e valutazione clinica. “Questo potrebbe aiutare a capire chi può riportare il Paese alla normalità –  spiega a Reuters Florian Krammer, professore di Vaccinologia dell’Icahn School of Medicine del Monte Sinai – . Le persone immuni potrebbero essere le prime a tornare alla vita normale e ricominciare tutto da capo”.

Un’ipotesi che però contrasta con quella di chi sostiene che l’immunità non duri per sempre. Secondo quanto riportato dall’agenzia Yonhap News, il Centro di Controllo e Prevenzione (CDC) in Corea del Sud ha riportato di un gruppo di 51 persone guarite dal coronavirus che successivamente sono risultate di nuovo positive. Anche in Cina si sono verificati casi analoghi, così come in Italia. Il direttore del CDC coreano, Jeong Eun-kyeong, ha però affermato che è più probabile che il virus si sia riattivato nei 51 pazienti, piuttosto che si tratti di una recidiva.

Quando si può uscire dall’isolamento domiciliare?

Sono in molti a chiedersi dopo quanto tempo, in caso di positività al Covid-19, si può parlare di guarigione. Sulla questione il CDC ha provveduto a stilare alcune linee guida che sono state recepite dalle autorità sanitarie dei diversi Paesi. In Italia, il Consiglio Superiore di Sanità ha definito due “tipologie” di guarigione, quella clinica e quella completa. Un paziente è ritenuto clinicamente guarito dal Covid-19 quando risultano svaniti i sintomi associati all’infezione e la guarigione è documentata dall’esame del tampone. Nonostante questo risultato, non c’è però ancora la certezza che la persona che ha contratto il virus non sia più contagiosa, per cui è necessario che anche l’esame di un secondo tampone, effettuato a una distanza di almeno 24 ore dal primo, risulti negativo. Solo a questo punto il paziente non è più contagioso e può essere considerato completamente guarito.

Potrà quindi lasciare l’isolamento domiciliare e, nel rispetto delle misure restrittive, uscire di casa solo per comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità, come andare a fare la spesa o in farmacia. Come detto, non sono ancora disponibili i test per verificare la presenza di anticorpi contro il virus, né gli scienziati sono ancora sicuri se chi è guarito dal Covid-19 è davvero immune al virus.

*More than 370,000 people have recovered from COVID-19. Here's what we know about coronavirus survivors. Business Insider 2020

404 CONDIVISIONI
32805 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views