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Grazie agli ultrasuoni riattivato il cervello di due pazienti in stato di minima coscienza

Attraverso una tecnica di stimolazione a base di ultrasuoni, un team di psicologi e neurochirurghi dell’Università della California è riuscito a riattivare il cervello di due pazienti in stato di minima coscienza, che hanno mostrato significativi progressi funzionali in tempi rapidissimi. Dopo il trattamento un uomo è riuscito a riconoscere le fotografie dei parenti, ad afferrare una pallina a comando e a prendere carta e penna per la prima volta dopo un ictus.
A cura di Andrea Centini
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Grazie a una tecnica di stimolazione basata sugli ultrasuoni chiamata “ultrasuoni focalizzati a bassa intensità” (low-intensity focused ultrasound), gli scienziati sono riusciti a “riattivare” il cervello di pazienti in uno stato di minima coscienza. Come sottolineato dagli autorevoli Manuali MSD per operatori sanitari, lo stato di minima coscienza, “è una compromissione grave ma non completa della coscienza”. I pazienti che lo sperimentano, a causa di un danno cerebrale legato a un ictus o a un trauma come una caduta o un incidente stradale, si svegliano e addormentano periodicamente (a differenza del coma), ma mostrano soltanto lievissimi segni di coscienza, come ad esempio la capacità di battere le palpebre. Attraverso la tecnica a base di ultrasuoni due pazienti su tre hanno fatto significativi progressi funzionali, riuscendo ad esempio a riconoscere persone e oggetti, annuire con la testa e persino prendere una palla in mano a comando. Potrebbero apparire piccoli passi in avanti, ma per chi si trova in quelle condizioni, così come per i famigliari e gli assistenti, si tratta di un progresso molto significativo.

A testare la tecnica un team di ricerca guidato da scienziati di vari dipartimenti dell'Università della California di Los Angeles, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Research Institute – Casa Colina Hospital and Centers for Healthcare di Pomona. I ricercatori, coordinati dal professor Martin M. Monti, docente presso il Dipartimento di Psicologia e Neurochirurgia dell'ateneo statunitense, avevano ottenuto un risultato analogo nel 2016, osservando progressi notevoli in un ragazzo di 25 anni. In quel caso, tuttavia, il miglioramento delle funzioni percettive poteva essere legato al caso, poiché date le condizioni del giovane avrebbe potuto verificarsi anche spontaneamente. Ma nei due nuovi pazienti, come specificato dal professor Monti in un comunicato stampa, è molto improbabile che i nuovi risultati siano dovuti al recupero spontaneo. “Considero questo nuovo risultato molto più significativo perché questi pazienti cronici avevano molte meno probabilità di recuperare spontaneamente rispetto al paziente acuto trattato nel 2016, e qualsiasi progresso avviene tipicamente in modo lento, per mesi e più tipicamente anni, non in giorni e settimane, come abbiamo mostrato”, ha dichiarato lo scienziato.

Gli ultrasuoni indirizzati verso il talamo. Credit: Martin Monti / UCLA
Gli ultrasuoni indirizzati verso il talamo. Credit: Martin Monti / UCLA

Monti e colleghi hanno piazzato vicino alla testa dei tre pazienti un dispositivo dalle dimensioni di un piccolo piatto che emetteva ultrasuoni a bassa intensità. Erano indirizzati verso il talamo, la parte del diencefalo legata alla percezione sensoriale, “che funziona da hub centrale del cervello per l'elaborazione”, hanno scritto gli scienziati. Lo strumento è stato attivato 10 volte per 30 secondi in un intervallo di 10 minuti. Ciascuna paziente è stato sottoposto a due trattamenti di ultrasuoni, il secondo a una settimana di distanza dal primo. Come indicato, esso è risultato efficace in due pazienti su 3. Mentre un cinquantottenne minimamente cosciente da più di 5 anni non ho ottenuto alcun beneficio, gli scienziati hanno osservato un netto miglioramento in un uomo di 56 anni e in una donna di 50. Il primo dei due era in stato di minima coscienza da 14 mesi a seguito di un ictus, e grazie al trattamento ha dimostrato per la prima volta di rispondere a due comandi distinti. Ha potuto riconoscere i suoi parenti da alcune fotografie mostrate dai medici (voltandosi verso l'immagine giusta dopo aver ascoltato il nome), è riuscito ad afferrare una palla (o a non farlo) quando gli veniva richiesto e ad annuire in base alle domande. Dopo il secondo trattamento è persino riuscito a usare carta e penna e a portare una bottiglia alla bocca. La donna si trovava invece in stato di minima coscienza da 2 anni e mezzo a seguito di un arresto cardiaco; grazie al trattamento è stata in grado di riconoscere gli oggetti e a comprendere il linguaggio.

“Ciò che è notevole è che entrambi hanno mostrato risposte significative entro pochi giorni dall'intervento. Questo è ciò che speravamo, ma è incredibile averlo visto con i nostri occhi. Osservare un miglioramento significativo di due dei nostri pazienti cronici entro pochi giorni dal trattamento è un risultato estremamente promettente”, ha dichiarato il professor Monti. Il trattamento è stato inoltre ben tollerato dai pazienti, che non hanno mostrato alcun cambiamento “nella pressione sanguigna, nella frequenza cardiaca o nei livelli di ossigeno nel sangue”. L'energia utilizzata è talmente bassa da essere inferiore a quella di una normale ecografia, spiegano gli esperti. Gli scienziati sperano di mettere a punto un dispositivo a basso costo che potrà essere applicato anche al di fuori di strutture specializzate, ma ci vorranno ancora anni di sperimentazione, dato che quello testato è solo un prototipo. Benché entusiasti dei risultati, gli Monti e colleghi sono comunque estremamente cauti sull'efficacia della tecnica, soprattutto sul lungo periodo. I dettagli della ricerca “Ultrasonic Thalamic Stimulation in Chronic Disorders of Consciousness” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Brain Stimulation.

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