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Gli scienziati hanno svelato il mistero delle macchie di Cerere

E scoperto che, forse, si è formato altrove per poi spostarsi nella posizione in cui si trova oggi.
A cura di Nadia Vitali
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Un pianeta nano, oscuro, ghiacciato e girovago: così potremmo definire Cerere, formatosi da qualche parte nelle regioni più esterne del Sistema Solare e successivamente migrato verso la posizione in cui lo troviamo oggi. Almeno questa è la conclusione a cui sono giunti gli scienziati, grazie ai dati raccolti dallo spettrometro ad immagine VIR-MS (Visible and Infrared Mapping Spectrometer), fornitura dell’Agenzia Spaziale Italiana.

Ammoniaca su Cerere

Lo strumento – parte dell’armamentario di bordo della sonda Dawn che da marzo di quest’anno osserva Cerere dopo aver esaminato l'asteroide Vesta – ha identificato tracce di argilla contenti ammoniaca sulla superficie planetaria: questo è un elemento di primaria importanza per comprenderne la storia evolutiva. Le attuali condizioni di temperatura e pressione, infatti, non consentono all'ammoniaca di sopravvivere sulla superficie dell’oggetto; ma quel che è strano è che anche in passato non avrebbero potuto formarsi le quantità necessarie. Quindi è possibile affermare che Cerere potrebbe essersi formato altrove, più precisamente nella fascia di asteroidi compresa tra Marte e Giove: è quanto sostenuto dagli autori dello studio, pubblicato da Nature.

DAWN ci sta aiutando a comprendere la formazione e l’evoluzione del Sistema Solare. Nei primi miliardi di anni, i pianeti erano ancora in movimento prima di raggiungere l’equilibrio orbitale attuale e sembra che anche Cerere abbia compiuto lo stesso percorso. Questa tesi contrasta la teoria secondo cui la fascia di asteroidi è composta anche dai "resti" di un pianeta che non è riuscito a formarsi a causa degli effetti gravitazionali di Giove. – Raffaele Mugnuolo, responsabile ASI per la missione

Rappresentazione artistica della sonda Dawn con il pianeta nano Cerere
Rappresentazione artistica della sonda Dawn con il pianeta nano Cerere

Macchie luminose

In un altro lavoro pubblicato da Nature, Andreas Nathues del Max-Planck-Institut di Gottinga, spiega come le macchie candide che disegnano la superficie di Cerere siano costituite con buone probabilità da solfato di magnesio idrato, mescolato con altri materiali: i depositi fotografati, in particolare, sono quel che resta dopo la sublimazione dei ghiacci, fenomeno che produce la formazione di nebbie che appaiono e scompaiono seguendo il trascorrere del giorno.

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