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Gli otto modi in cui morì Jurij Gagarin

Le ipotesi più o meno ufficiali nate per spiegare la fine del primo uomo che volò nello spazio.
A cura di Nadia Vitali
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Erano trascorsi sette anni dalla storica impresa con cui l’Unione Sovietica mandò il primo essere umano nello spazio e Jurij Gagarin aveva appena 34 anni quando morì in un incidente: «Gli eroi son tutti giovani e belli». Il 27 marzo del 1968 il volo di un MiG-15UTI partito dalla base Chkalovsky si concludeva con un incidente mortale nei pressi della cittadina di Kiržač: a bordo c’erano Gagarin e l’istruttore di volo Vladimir Seryogin.

Fu un brutto colpo per l'immagine del gigante sovietico, all'epoca impegnato a mostrare i muscoli al blocco contrapposto anche a suon di primati spaziali: un incidente banale aveva ucciso un uomo eccezionale. Le circostanze apparvero a molti “sospette” più che “misteriose”: e, del resto, sappiamo bene che, all'epoca, la cortina di ferro calata sull'Europa era un filtro sugli eventi che accadevano al di là di essa. Ma Gagarin era un eroe nazionale dalla fama mondiale; e così si iniziò a speculare un po’ dovunque su cosa fosse accaduto al brillante figlio della Russia che amava volare. Fioccarono anche le teorie di cospirazioni, un po’ come poco tempo dopo sarebbe accaduto negli Stati Uniti con il caso del Presidente Kennedy.

1 Previsioni meteo sbagliate

Alcuni documenti desecretati nel 2003 dalla ormai ex Unione Sovietica mostravano che il KGB aveva condotto delle indagini sui fatti del ’68 che andavano a sommarsi all’inchiesta effettuata dal Governo e dai militari. Il report dei famigerati servizi segreti russi, dopo aver scartato diverse ipotesi di complotto, concludeva che la responsabilità era da attribuire al personale di terra che aveva comunicato condizioni meteorologiche diverse da quelle che Gagarin e Seryogin avrebbero trovato effettivamente nei cieli. Il volo sperimentale che il MiG doveva compiere necessitava di un tempo particolarmente limpido, ma pare che si lesse un bollettino riferibile ad un'altra data. Quelle indicazioni inesatte non avrebbero consentito ai piloti di rendersi conto effettivamente dell’altitudine a cui si trovavano quando furono costretti a fare un movimento improvviso per evitare qualcosa come un altro aereo o un stormo: fatto sta che il velivolo iniziò ad avvitarsi su  se stesso per precipitare e schiantarsi.

2 Chi lasciò la porta aperta?

Un’altra teoria, avanzata nel 2005 da un investigatore che seguì il caso decenni prima, prevedeva che qualcuno avesse lasciato aperto il condotto di ventilazione della cabina: forse l'equipaggio presente a bordo o magari il precedente pilota che aveva volato sul MiG. La mancanza di ossigeno avrebbe reso Gagarin e Seryogin incapaci di controllare il velivolo. Secondo alcuni sostenitori di questa teoria, i due avrebbero individuato il problema ed avrebbero cercato di compiere una estrema manovra per abbassare l’altitudine: la rapidità dell’abbassamento avrebbe causato la perdita di coscienza e lo schianto.

3 Manovre improvvisate

Nell’aprile del 2011 anche i documenti del 1968 provenienti dal comitato centrale del Partito Comunista vennero desecretati: in essi si leggeva che una manovra improvvisa dei piloti era stata dovuta alla necessità di evitare un pallone sonda. Ne sarebbero derivate delle gravissime criticità nel volo accresciute dalle condizioni meteorologiche avverse. Il rapporto dava come altrettanto probabile la possibilità che l’aereo avesse tentato di evitare il limite più alto del primo strato di nubi, sempre con un movimento azzardato dagli effetti nefasti. E questa è la versione ufficiale. A molti apparve strano, dato che Gagarin e Seryogin non erano proprio alle prime armi, in fatto di volo.

La capsula Vostok che portò Gagarin nello spazio oggi esposta al RKK Energiya Museum, vicino Mosca (SiefkinDR via Wikipedia)
La capsula Vostok che portò Gagarin nello spazio oggi esposta al RKK Energiya Museum, vicino Mosca (SiefkinDR via Wikipedia)

4 I fumi dell'alcol

Certo, si sarebbe potuto attribuire (e sembra la cosa più plausibile) la colpa del tutto ad un guasto. Ma non è detto che l’Unione Sovietica avesse voglia di far trapelare una simile notizia, a quel tempo: sarebbe stato un brutto colpo all’immagine di sicurezza e ordine che il Paese voleva dare di sé. Quindi, nella terra del freddo intenso e della vodka, quale imputato migliore dell’alcol del quale Gagarin si sarebbe abbondantemente zavorrato prima di mettersi ai comandi del MiG? Magari aggiungiamoci anche una depressione e un cedimento di nervi e il quadro è  completo, ammesso che sembri probabile.

5 Il complotto e l’omicidio

In fatto di libertà individuale – si sa – in Unione Sovietica non dovevano passarsela proprio benissimo: ecco quindi l’ipotesi fabbricata su misura del contesto storico. Gagarin, deputato dal 1962, aveva dimostrato una eccessiva indipendenza dall’ortodossia comunista che avrebbe spinto i dirigenti del partito a farlo fuori.

6 Lo spionaggio e il suicidio

Dopo la sua spettacolare impresa del 12 aprile 1961, Jurij Gagarin viaggiò molto al di fuori dell’URSS per promuovere l’immagine del proprio Paese. Che sia stato durante le sue tappe in Italia, in Canada, in Giappone e in Brasile che il cosmonauta sovietico entrò in contatto con i servizi segreti di qualche Paese del blocco occidentale? Fatto sta che leggenda vuole che, dopo esser scoperto dal KGB, optò per il suicidio onde evitare di fare una fine peggiore nelle mani del comitato per la sicurezza dello Stato. Anche questa voce è priva di dati e fondamento.

7 Gli USA e gli alieni

Per non farci mancare niente, aggiungiamo che sorsero anche miti come quello secondo il quale Gagarin sarebbe fuggito negli Stati Uniti: lo sostenne, tra gli altri, una veggente. Del resto, un modello di racconto abbastanza diffuso all'epoca. Ma ci fu anche chi coinvolse alcuni fantomatici alieni che avrebbero rapito i due malcapitati piloti per poi ucciderli: vai a capire perché.

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8 L’aereo che non doveva esserci

Tornando nel campo del verosimile troviamo invece le dichiarazioni Aleksey Leonov, amico e collega di Gagarin, che in un’intervista del 2013 (seguita ad un libro del 2004) fornisce la propria versione. Leonov, che era stato il primo cosmonauta a passeggiare nello spazio nel 1965, il 27 marzo del 1968 si trovava nei pressi dell’area dell’incidente a bordo di un elicottero. La sua ricostruzione dei fatti vuole che quel giorno un Sukhoi Su-15 doveva essere testato in volo: ma ci fu una violazione nelle procedure di sicurezza per cui l’aereo scese ad una quota molto più bassa di quella prevista. Il velivolo a bordo del quale si trovava Gagarin effettuò una virata improvvisa per schivare l’oggetto che non doveva essere lì ma questo fece perdere il controllo del MiG che iniziò la fase di avvitamento su se stesso. Leonov non ha mai voluto dire chi era alla guida di quel caccia sovietico ma ha chiaramente detto che, quel giorno, furono dei banali errori umani a causare la morte del proprio connazionale. Persino lì, in Unione Sovietica.

[immagine centrale via Wikipedia]

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