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Gli oceani marziani avevano onde altissime, ma lente

Uno studio ha dimostrato come, nonostante la bassa pressione del Pianeta Rosso, la presenza di onde potrebbe aver determinato alcune delle attuali formazioni geologiche.
A cura di Nadia Vitali
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Credits: NASA/JPL/University of Arizona
Credits: NASA/JPL/University of Arizona

Qualche giorno fa l'annuncio della NASA relativo alla presenza di corsi d'acqua salata che, stagionalmente, solcano il suolo marziano. La notizia ha riportato alla ribalta la questione tanto amata dagli scienziati relativa alla presenza dell'acqua sul Pianeta Rosso e alle sue quantità: dibattito nato a partire dalle prime immagini ottenute con la sonda Mariner 9, nel 1971, e corroborato negli anni grazie alla immensa quantità di informazioni acquisiste con le diverse missioni partite alla volta di Marte.

Onde sì, onde no

Sono state, in particolare, le forme geologiche osservate a suggerire un'origine correlata alla presenza di acqua in abbondanza: apparentemente quel che resta di letti fluviali o di forme modellate dall'azione prolungata del moto ondoso. Relativamente a queste ultime, però, c'è anche chi sostiene che l'atmosfera marziana sia sempre stata troppo rarefatta per poter dar vita ad onde che increspassero l'eventuale superficie oceanica; questo perché più bassa è la pressione atmosferica, più debole è la spinta del vento sull'acqua. A risolvere il dilemma ci ha pensato Luigi Cavalieri del CNR – Istituto di scienze marine assieme ai colleghi Don Banfield della Cornell University e Mark Donelan della University of Miami.

Venti su Marte

In un edificio del centro NASA ad Ames, in California, gli scienziati hanno costruito una galleria del vento dove la pressione atmosferica poteva essere diminuita fino a 30 mbar; per intenderci, la pressione terrestre è circa 1000 mbar). I risultati hanno dimostrato che, con una velocità del vento sufficiente, le onde possono essere generate anche a pressioni molto basse. Come spiegato dal CNR, gli esperimenti sono stati successivamente simulati con due modelli diversi matematici indipendenti al fine di verificare l'utilizzo anche a pressioni inusualmente basse, con risultati ancora una volta positivi.

I modelli sono stati poi applicati a quelle che, sulla base dei molti studi già condotti sul tema, potrebbero essere state le condizioni di Marte in passato. Sono stati così considerati tre oceani, ciascuno con diverse caratteristiche in termini di densità e viscosità del liquido, quattro distinte pressioni atmosferiche (6, 60, 600, 1200 mbar), quattro velocità del vento (5, 10, 15, 20 m/s); il tutto, naturalmente, tenendo conto della gravità più bassa del Pianeta Rosso. È stato considerato un bacino ampio 1000 chilometri quadrati per 400 chilometri di profondità, con una spiaggia sul lato.

Mareggiate altissime (e lente)

Alla fine, i due modelli concordavano nell'indicare la possibilità concreta di onde anche a pressioni estremamente basse; onde molto più alte di quelle terrestri, dato che un vento di 20 m/s potrebbe essere in grado di sollevare onde fino a 24 metri, contro i 9 metri a cui può giungere il mare nelle condizioni terrestri. Onde lunghe più di 500 metri che, tuttavia, sarebbero estremamente lente a causa della diversa gravità dei due pianeti; potenzialmente in grado di creare quelle che, oggi, le varie sonde marziane osservano e ci appaiono come forme costiere.

L'articolo che illustra i dettagli dello studio, intitolato Wind, waves and shorelines from ancient martian seas è stato pubblicato dalla rivista Icarus.

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