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Gli italiani sono la popolazione più geneticamente eterogenea d’Europa

Non soltanto il passaggio di grandi flussi migratori ma anche i fattori di isolamento di alcune specifiche comunità hanno contribuito a determinare una biodiversità più unica che rara.
A cura di Nadia Vitali
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Una stretta lingua di terra che si distende in quel mare che fu culla delle più antiche ed illustri civiltà del passato, sormontata da una catena montuosa che la segue per tutta la lunghezza e sigillata dalle montagne mastodontiche che la separano dal resto d'Europa: con una geografia ed una collocazione senza dubbio singolari, ed una estensione latitudinale estrema, la nostra penisola è caratterizzata da un'elevata presenza di habitat ed ambienti differenti che hanno favorito lo sviluppo di una grande varietà di specie animali e vegetali.

Ma l'Italia, fin dai tempi più remoti, ha anche rappresentato una via di snodo fondamentale per i flussi migratori, inclusi quelli umani diretti verso l'Europa Centrale o, al contrario, verso il cuore del Mediterraneo; si aggiungano a ciò le grandi differenze culturali, in primo luogo linguistiche, riscontrabili in specifici gruppi umani disseminati lungo il territorio e che spesso hanno finito per costituire un ulteriore fattore d'isolamento da sommare a quello geografico. Il risultato finale è la creazione di una varietà genetica del tutto eccezionale in Europa, tale da costituire «un pattern davvero unico».

A rivelarlo è uno studio che ha visto all'opera i ricercatori della Sapienza, sotto la guida dell'antropologo Giovanni Destro Bisol, in collaborazione con gruppi di ricerca delle Università di Bologna, Cagliari e Pisa: l'indagine ha visto il suo inizio nel 2007 ed ha preso in esame 57 diverse popolazioni presenti sul territorio del Paese. Il risultato finale è stato il riscontro di una inaspettata analogia tra la biodiversità umana e quella animale e vegetale, della quale è nota l'elevata varietà interspecifica che determina l'inclusione dei bacino del Mediterraneo tra i trentaquattro hotspot di biodiversità del globo. Le popolazioni italiane sono talmente eterogenee dal punto di vista genetico che la loro diversità può essere paragonata a quella osservabile in gruppi che vivono agli angoli opposti del Vecchio Continente.

Particolarità del lavoro è stata l'inclusione nel lavoro di ricerca dei gruppi di antico insediamento che costituiscono le "minoranze linguistiche" del Paese, come i Ladini, i Cimbri o Grecanici, affiancati a campioni rappresentativi di aree più grandi e dei centri urbani: i dati hanno evidenziato come tali popolazioni, giunte per lo più tra il Medioevo ed il XIX secolo in diversi punti del territorio italiano, sono ancora portatrici non soltanto di aspetti culturali e linguistici singolari (si pensi alle comunità del reggino e del Salento che parlano un dialetto ellenofono) ma anche di specificità genetiche, in ragione dei processi di isolamento che sono all'origine dell'assoluta originalità dell'Italia al pari dell'impressionante numero di flussi migratori che, da sempre, hanno lasciato il segno lungo l'intera penisola.

Emblematico il caso delle comunità paleogermanofone dei Cimbri, di quelle ladine e di specifiche zone della Sardegna, le quali giocano un ruolo determinante nella diversità genetica osservata. Gli studiosi hanno spiegato come dal raffronto del DNA mitocondriale (che si trasmette esclusivamente per via materna) di individui appartenenti alla comunità germanofona di Sappada, con il gruppo più vicino nell'area del Cadore, sia emerso un insieme di differenze genetiche maggiore dalle 7 fino alle 30 volte di quello riscontrabile tra coppie di popolazioni ben più distanti, come tra Portoghesi ed Ungheresi o tra Spagnoli e Rumeni; analoga la situazione tra gli abitanti di Benetutti, nella provincia di Sassari, e quelli della Sardegna settentrionale. Alla faccia della strumentale e disinformata propaganda, spesso troppo chiassosa per poter essere ignorata, che invoca una improbabile contrapposizione tra "italiani" e stranieri, dualismo inesistente anche in termini scientifici. Conclude infatti così il Professor Destro Bisol:

Questo studio ci lascia anche una riflessione che va aldilà della dimensione strettamente scientifica e investe l’attualità. Infatti sapere che l’Italia, indipendentemente dai flussi migratori recenti, è stata ed è tuttora terra di notevole diversità sia culturale che genetica, può aiutarci ad affrontare in maniera più serena un futuro pieno di occasioni di incontro con i portatori di nuove e diverse identità

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