Giove, la sonda della NASA Juno ci regala nuovi scatti mozzafiato delle tempeste
Grazie al suo settimo sorvolo ravvicinato sull'atmosfera di Giove, avvenuto lo scorso primo settembre, la sonda Juno della NASA ha ottenuto nuovi e meravigliosi scatti del gigante gassoso del Sistema solare. Le immagini RAW, ovvero quelle ancora da processare, sono state immediatamente pubblicate sul sito ufficiale della missione, e come da prassi sono finite in mano a specialisti o semplici appassionati di astronomia per l'elaborazione. Il risultato, che potete apprezzare scorrendo questo articolo, è a dir poco meraviglioso.
Nel mese di marzo furono divulgati scatti analoghi raccolti da un'altezza di 4.400 chilometri, tuttavia nell'ultimo flyby, ovvero i sorvoli ravvicinati che la sonda compie sull'atmosfera di Giove ogni 53 giorni, Juno si è abbassata sino a 3.400 chilometri, regalandoci così dettagli ancor più incredibili delle turbolente nubi gioviane. Nelle nuove immagini tempeste e vortici giganteschi – la più grande, la Grande Macchia Rossa, potrebbe “inghiottire” la Terra – risultano ancor più definite, pur mantenendo il fascino da dipinto a olio delle precedenti.
I passaggi ravvicinati sono necessari per raccogliere tutti i dati scientifici di cui hanno bisogno i ricercatori per studiare il pianeta: tra gli obiettivi principali, oltre all'analisi dell'atmosfera, vi è anche quello di comprendere l'origine e la struttura del campo magnetico e del criptico nucleo di Giove. Naturalmente i flyby sono anche i momenti migliori per ottenere gli scatti mozzafiato che state osservando, e la JunoCam (JCM) installata sulla sonda della NASA è sempre pronta a immortalarli.
Sebbene non si tratti di uno degli strumenti fondamentali installati – basti pensare che il sensore ha meno di 2 megapixel –, le sue immagini hanno fatto avvicinare il grande pubblico alla missione. Juno, partita da Cape Canaveral nel 2011 e giunta nell'orbita gioviana nel 2016, terminerà la propria avventura nel febbraio 2018, ma è possibile che la NASA riesca a estendere in qualche modo la sua operatività. I flyby, del resto, sono veri e propri “bagni” di radiazioni e a ogni passaggio rischia di comprometterne le funzioni.