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Fragile Italia con le sue coste da salvare

Tra erosione naturale e impronta antropica, tra cementificazione selvaggia, degrado ed inquinamento, attualmente in Italia soltanto meno del 30% delle coste è rimasto allo stato naturale: è il “profilo fragile” del nostro Paese, per il quale è necessario agire subito, per scongiurare il pericolo che sparisca per sempre.
A cura di Nadia Vitali
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fragile italia coste da salvare

Se in moltissime aree le nostre coste non sono più in grado di offrirci scenari di quieta meditazione, profumi da paradiso terrestre, se creature delle specie più diverse sono fuggite impaurite nei luoghi in cui possono vivere e riprodursi senza correre pericoli, la responsabilità è attribuibile solo in minima parte agli agenti atmosferici che compiono la propria opera: l'impronta dell'uomo, infatti, ha svolto un lavoro massiccio sul nostro Paese e, dunque, anche sui litorali. Sempre più inquinati dalla terra e dalle acque marine che trascinano detriti di ogni tipo a riva; sempre più devastati da una cementificazione selvaggia che non conosce sosta e che ha visto fiorire lungo le sponde italiane oltre a porti e stabilimenti balneari, agglomerati urbani, strade, reti ferroviarie, fino alle industrie e alle raffinerie. Sulle coste italiane vivono all'incirca 18 milioni di cittadini, distribuiti nei 638 affollatissimi comuni costieri, ma è sufficiente considerare la fascia dell'immediato entroterra perché la cifra raggiunga quota 30 milioni (praticamente metà della popolazione italiana) con una densità di 380 abitanti per chilometro quadrato, quasi il doppio rispetto alla media nazionale di 200.

Un paese che si sgretola – L'erosione costiera mangia le spiagge, in Italia e altrove: se a livello globale le stime riguardanti il fenomeno sfiorano anche punte dell'80%, il nostro Paese ha visto sparire negli ultimi anni il 42% dei propri litorali, con medie e percentuali che variano da regione a regione ma che testimoniano una tendenza grave e soggetta a fin troppo pochi vincoli. Diverse le cause che concorrono a peggiorare le condizioni: l'incremento di porti e porticcioli, la diffusione di stabilimenti balneari che, oltre all'impatto strutturale, recano con sé il problema degli interventi di pulizia sugli arenili che determina la perdita di compattezza della sabbia (che è così maggiormente soggetta all'azione del vento) e le variazioni nelle dune; la rimozione delle foglie di posidonia spiaggiata che contrasta naturalmente l'erosione del mare; il prelievo dai letti dei fiumi di ghiaie e materiali inerti, sedimenti destinati a far rinascere le spiagge ma che non arrivano mai alle foci. A questa gestione troppo spesso imprudente del territorio, va aggiunta la ferita dell'inquinamento: quello che arriva dal mare e si arena lungo le coste ma, soprattutto, il danno arrecato dai poli industriali sorti negli anni '50-60 in quelle che un tempo erano siti incontaminati dall'elevatissimo valore naturalistico, archeologico e storico che hanno visto nel corso dei decenni stabilimenti chimico-petroliferi, siderurgici e manifatturieri. In tutto, 28 aree situate lungo le nostre deboli coste, necessitanti di bonifiche che, solo in parte, potranno rimediare agli errori del passato e sanarne le piaghe.

L'iniziativa del WWF – Una situazione che ha reso il profilo costiero della Penisola (e quello di tutte le sue isole) sempre più fragile, al punto che oggi soltanto meno del 30% dei nostri litorali risulta aver mantenuto il proprio stato naturale, come ha rilevato un recente dossier diffuso dal WWF, in occasione della campagna lanciata in questi giorni "Un mare di oasi per te" con l'obiettivo di proteggere l'ecosistema marino e terrestre di tre preziosi territori costieri in Puglia, Sardegna e Veneto, creando delle oasi che saranno non solo una grande risorsa turistica ma anche un luogo sicuro per tutte quelle specie che, sempre più, perdono le proprie dimore naturali e sono costrette a spostarsi in riserve più sicure. La scelta è ricaduta su tre aree simbolo perché appartenenti a tre tipologie di coste tra le più importanti ma anche tra le più fragili: l'oasi di Scivu ad Arbus (foto principale) che necessita di ulteriori attenzioni, perché patrimonio ambientale unico e perché ricchissima: «Un vero paradiso di dune alte sabbiose e fitta macchia mediterranea detta parlante: detta "parlante" perché battuta dal vento di maestrale, dove si incontra il cervo sardo ma anche minacce come il taglio dei ginepri secolari o il passaggio dei fuoristrada». C'è poi una splendida spiaggia salentina che costeggia la riserva naturale WWF Le Cesine che necessita una bonifica dai rifiuti portati a riva dal mare che, negli anni, hanno creato strati di plastica ai danni di vegetazione ed animali; e, infine, la zona umida dell'oasi di Golena di Panarella «paradiso di biodiversità» in prossimità del delta del Po, meta ambita da decine di migliaia di uccelli e, purtroppo, di cacciatori dai frodo.

I pochi chilometri di coste italiane che sono sopravvissuti alla mano dell'uomo conservano fragili ecosistemi di dune, spiagge, delta fluviali e boschi costieri popolati da migliaia di specie animali e vegetali, come fenicotteri, fratini, volpi, anfibi e tartarughe marine. Ma senza una quotidiana azione di tutela questi preziosi ritagli di natura rischiano di soccombere a un utilizzo sempre più sconsiderato del territorio e del mare. (Fulco Pratesi, Presidente onorario WWF Italia)

Un impegno da parte di tutti, con la consapevolezza che le meraviglie del territorio vengono preservate per il nostro stesso benessere, si rende allora necessario, non solo per le tre oasi simbolo ma per tutto il Paese: al fine di poter offrire ancora incantevoli paradisi in quelle poche aree che sono scampate alla scelleratezza umana e alle logiche del mercato, non solo a cittadini italiani e turisti, ma anche a tutti gli animali che sceglieranno le nostre coste per ripararsi e per riprodursi. Ma se, viceversa, contro i litorali continuerà ad accanirsi l'uomo in cerca di risorse, nessuno scenario futuro è immaginabile, eccetto quello dell'abbandono e del degrado.

[foto di Andrëa Sënsi]

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