video suggerito
video suggerito
Covid 19

Fino a dove arriva uno starnuto? Uno studio mostra la distanza per evitare il Coronavirus

I risultati di una ricerca del MIT indicano che la massa d’aria con il suo carico di goccioline patogene spinta dalla forza polmonare può percorrere fino a 8 metri, contaminando le superfici incontrate lungo il percorso e restando sospesa nell’aria per ore.
A cura di Valeria Aiello
507 CONDIVISIONI
Fino a dove arriva uno starnuto? Uno studio mostra la distanza per evitare il Coronavirus
Fino a dove arriva uno starnuto? Uno studio mostra la distanza per evitare il Coronavirus
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Il dilagare del Coronavirus (qui le ultime notizie e aggiornamenti in tempo reale sulla situazione in Italia e nel resto del mondo) pone nuovi interrogativi sui rischi legati alle malattie infettive respiratorie e la loro modalità di trasmissione. Politiche di contenimento del contagio sono state introdotte nel tentativo di limitare la diffusione del Covid-19 in molti Paesi, anche se con profonde divergenze tra i diversi Stati. Limitazioni agli spostamenti, screening e controlli della temperatura corporea, ma anche isolamento, quarantena e chiusura delle scuole sono solo alcune delle misure decise dai Governi ma, sebbene queste strategie di distanziamento sociale siano fondamentali per fronteggiare l’epidemia – l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha raccomandato una distanza di almeno 1 metro tra le persone – , queste stesse norme appaiono più che datate all’occhio di altri esperti nonché estremamente semplificate per quelli che sono gli standard moderni.

Fino a dove arriva uno starnuto?

Per questi motivi i ricercatori statunitensi del MIT, il Massachusetts Institute of Technology, una delle più importanti università di ricerca del mondo, hanno voluto porre l’attenzione sulle attuali raccomandazioni, sottolineando come le indicazioni per ridurre la diffusione del Sars-Covid-2 siano basate su “modelli di trasmissione delle malattie infettive sviluppati negli Anni ’30 sulla tubercolosi e sull’emissione del droplet respiratorio in ‘grandi’ e ‘piccole’ goccioline” che possono limitare l’efficacia delle misure adottate. In particolare, l’attenzione è stata posta su espirazione, starnuti e tosse che rischiano di veicolare un carico di goccioline di muco o saliva contenente il virus nonché la distanza da mantenere per ridurre davvero il rischio contagio.

Per effetto della forza polmonare impressa alla massa d’aria – si legge nello studio[1] pubblicato su Jama –  le goccioline portatrici di agenti patogeni sono spinte molto più lontano rispetto a quanto non lo sarebbero se venissero immesse isolatamente nell’ambiente e senza una nuvola turbolenta a intrappolarle e spingerle in avanti.

Date le varie combinazioni della fisiologia di ogni singolo paziente e delle condizioni ambientali, come umidità e temperatura, la nuvola di gas e il suo carico di goccioline patogene di tutte le dimensioni possono percorrere una distanza che va dai 7 agli 8 metri”.

La distanza percorsa da uno starnuto umano / Jama
La distanza percorsa da uno starnuto umano / Jama

Uno studio mostra l'esatta distanza

Secondo quanto calcolato dalla dott.ssa Lydia Bourouiba, autrice della ricerca e docente di Fluidodinamica e trasmissione delle malattie infettive del MIT, uno starnuto può raggiungere una velocità compresa tra i 10 e 30 m/s, creando una nuvola che può estendersi dai 7 agli 8 metri. Il suo studio sottolinea inoltre come le goccioline di starnuto possano depositarsi o evaporare, impiegando un tempo che dipende non solo dalle dimensioni delle particelle ma anche dal grado di turbolenza e dalla velocità della nuvola di gas, oltre che dalle proprietà dell’ambiente (temperatura, umidità e flussi d’aria).

Le goccioline che si depositano lungo il percorso possono contaminare le superfici, mentre il resto rimane intrappolato e raggruppato nella nuvola in movimento – che, una volta terminata la sua corsa, – evapora, producendo residui o nuclei di goccioline che possono rimanere sospesi nell’aria per ore, seguendo i flussi dell’aria generati da climatizzatori e sistemi di aerazione degli ambienti.

Un elemento in più a sostegno di un report pubblicato in Cina secondo cui le particelle virali di Sars-Cov-2 potevano essere identificate nei sistemi di aerazione delle stanze di ospedale dove sono ricoverati i pazienti con Covid-19. “Sebbene la biofisica della goccioline di muco e saliva e le nuvole d’aria generate da pazienti contagiati dal nuovo Coronavirus non siano ancora state valutate direttamente – conclude Bourouiba – , l’uso di adeguati dispositivi di protezione individuale (DPI) come mascherine chirurgiche e di altro tipo (FFP2 o FFP3) è di vitale importanza, in particolare per i medici e operatori sanitari che si prendono cura dei pazienti, anche se lontani più di un metro dai soggetti positivi”.

[1] Bourouiba L, Turbulent Gas Clouds and Respiratory Pathogen Emissions. Jama 2020; doi:10.1001/jama.2020.4756

507 CONDIVISIONI
32830 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views