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Covid 19

Farmaco blocca le polmoniti e riduce la carica virale nei macachi infettati dal coronavirus

Ricercatori americani del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) hanno dimostrato l’efficacia del farmaco antivirale Remdesivir in macachi rhesus infettati dal coronavirus SARS-CoV-2. Le scimmie non solo non hanno manifestato sintomi respiratori, ma hanno evidenziato meno danni polmonari e una ridotta carica virale a livello delle vie aeree inferiori.
A cura di Andrea Centini
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Il farmaco antivirale Remdesivir riduce il danno ai polmoni e abbatte la carica virale nelle vie aeree inferiori (bronchi e alveoli polmonari) in macachi infettati col coronavirus SARS-CoV-2. L'utilizzo precoce nei pazienti con COVID-19, l'infezione scatenata dal patogeno emerso in Cina, potrebbe dunque prevenire l'insorgenza della polmonite grave, una complicanza che può evolvere nella condizione potenzialmente letale nota come “Sindrome da distress acuto respiratorio” o ARDS, legata a danno polmonare e invasione di fluidi infiammatori.

A determinare l'efficacia del Remdesivir nei macachi, e più nello specifico nei macachi rhesus (Macaca mulatta), è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati di vari laboratori del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), che fa capo ai National Institutes of Health (NIH). Hanno collaborato alla ricerca anche gli scienziati di Gilead Sciences, la casa farmaceutica che ha sviluppato il principio attivo Remdesivir (GS-5734), in origine messo a punto per contrastare le infezioni provocate dal virus Marbourg e dal virus Ebola.

Gli scienziati, coordinati dalla virologa olandese-americana Emmie de Wit, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver somministrato il Remdesivir a un gruppo di 6 macachi dopo essere stati esposti al SARS-CoV-2. La prima dose del farmaco è stata infusa a dodici ore dall'esposizione al virus, quando si verifica la massima replicazione virale nel tessuto polmonare, mentre le altre dosi sono state somministrate ogni 24 ore per sei giorni consecutivi. Il dosaggio è stato simile a quello che viene utilizzato nei pazienti con COVID-19, trattati in modo “compassionevole” col medicinale. Un altro gruppo di 6 macachi, il gruppo di controllo, è stato esposto al virus ma non è stato trattato col farmaco, i cui benefici sono stati sottolineati anche dal capo della task force americana anti coronavirus Anthony Fauci, che li ha definiti "netti e significativi".

Dall'analisi degli animali è emerso che quelli trattati col Remdesivir non solo non mostravano sintomi di malattie respiratorie, ma è stata evidenziata una riduzione degli infiltrati polmonari alle radiografie e una riduzione dei titoli virali nei lavaggi broncoalveolari, a dodici ore di distanza dalla prima somministrazione della terapia. La concentrazione del virus è risultata ridotta a livello polmonare rispetto al gruppo di controllo, ma non nelle vie aeree superiori. Evidente, invece, la riduzione del danno provocato dal patogeno ai polmoni; i macachi rhesus hanno dunque beneficiato del trattamento col Remdesivir.

Benché i macachi di norma sviluppano una forma lieve dell'infezione (la proporzione di infezioni gravi negli uomini è sensibilmente superiore), i risultati della ricerca suggeriscono che l'uso precoce del farmaco nei pazienti può evitare lo sviluppo delle complicanze più serie della patologia, pertanto dovrebbe essere somministrato il prima possibile. Va tuttavia sempre ricordato che i modelli animali non sono pers, dunque gli effetti I dettagli della ricerca “Clinical benefit of remdesivir in rhesus macaques infected with SARS-CoV-2” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica Nature.

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