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Covid 19

Fame nervosa in crescita a causa dello stress da pandemia: peso aumentato per uno su tre

Grazie a un sondaggio online che ha coinvolto circa ottomila partecipanti residenti in 50 diversi Stati, un team di ricerca americano del Pennington Biomedical Research Center ha dimostrato che la pandemia sta facendo diffondere la fame nervosa, innescata da stress, ansia e sintomi depressivi. L’aumento di peso è stato rilevato in un partecipante su tre.
A cura di Andrea Centini
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La paura di ammalarsi, le preoccupazioni per i propri cari, l'isolamento, la distanza dagli affetti, le difficoltà economiche e in molti casi anche la perdita di parenti, amici e del lavoro, sono tra i principali fattori che stanno mettendo a durissima prova la nostra salute mentale a causa della pandemia di COVID-19. Non è un caso che il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, faccia riferimento a una vera e propria “erosione” del benessere psicologico e psichico, mentre secondo il Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi tra le peggiori “eredità” del coronavirus SARS-CoV-2 ci potrebbe essere un'ondata di disturbo da stress post-traumatico (PTSD). Per provare a contenere questo fiume di emozioni negative, tra tristezza, stress, sintomi depressivi e ansia in costante aumento, in molti hanno trovato rifugio nel cibo, soprattutto in quello “spazzatura” carico di zuccheri e grassi, che ha prodotto un inevitabile aumento di peso. Se a questo si aggiunge una crescita significativa della sedentarietà e dell'inattività fisica, anch'esse figlie del lockdown e in parte anche dello smart working, è evidente che possano emergere potenziali rischi anche per la salute fisica.

A dimostrare che la pandemia ha innescato un boom di “fame nervosa” e un conseguente, diffuso aumento del peso è stato un team di ricerca americano guidato da scienziati del Pennington Biomedical Research Center di Baton Rouge, capitale della Lousiana. Gli scienziati, coordinati dalle professoresse Emily W. Flanagan e Leanne M. Redman, docenti presso l'Università della Lousiana, sono giunti alle loro conclusioni dopo aver predisposto un sondaggio online al quale hanno partecipato circa ottomila persone, residenti in 50 Stati differenti. La ricerca è stata condotta durante il mese di aprile, quando moltissimi Paesi si trovavano in lockdown – compresa l'Italia – a causa della prima, catastrofica ondata di contagi. Le varie domande sottoposte ai partecipanti erano volte a raccogliere informazioni sui comportamenti alimentari, sull'attività fisica e sullo stato della salute mentale.

Dall'analisi statistica dei dati è emerso che il 32,2 percento dei partecipanti aveva un peso nella norma, il 32,1 percento era in sovrappeso e il 34,0 percento era in condizione di obesità. Durante il lockdown l'aumento di peso è stato registrato nel 27,5 percento dei partecipanti normopeso e nel 33,4 percento dei soggetti obesi. Redman e colleghi hanno evidenziato che chi già aveva problemi alimentari è stato indotto a esacerbarli a causa degli effetti nefasti della pandemia. Non a caso è stato osservato un aumento significativo nel punteggio dello stato di ansia, superiore di 8,78 ± 0,21 punti rispetto al periodo pre-pandemico. I punteggi peggiori sono stati osservati proprio in chi soffriva di obesità. Tra gli alimenti più apprezzati gli snack ricchi di zuccheri e le bevande zuccherate, usati come "armi" nel contesto dell'“Emotional Eating” per fronteggiare l'ondata di stress e ansia. Gli scienziati affermano che è importante ritornare al più presto a uno stile di vita sano e recuperare un equilibrio, sia in termini di alimentazione che di attività fisica. I dettagli della ricerca “The impact of COVID-19 stay-at-home orders on health behaviors in adults” sono stati pubblicati sulla rivista scientifica specializzata Obesity.

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